Rubo da un libro appena uscito dell’amico Alberto (“L’avvocato del futuro”, Fulvio Gianaria e Alberto Mittone, Einaudi) una gustosa notazione. Nell’antica Roma erano esclusi dal “Forum per le orazioni” i giovanissimi, i sordi, i personaggi di dubbia moralità e … le donne. La motivazione era che le donne fossero portatrici della inquietans, e così potessero sedurre i giurati, turbandone il giudizio. Una fake truth del potere maschilista di allora, che purtroppo pare attuale dopo due millenni. Nel 42 a.C., i triunviri chiesero a 1.400 matrone romane doc, molto ricche, di partecipare alle spese militari in una delle loro tante guerre. I nostri avi Romani costruirono l’Impero invadendo, rubando, uccidendo: criminali di guerra in purezza. In questo contesto maschilista, spuntò una delle prime leader femministe, Ortensia. Pronunciò un discorso dalla retorica talmente potente e suggestiva che per secoli gli uomini vietarono alle donne l’accesso all’attività oratoria.
Il giochino sarà lo stesso oggi, nel mitico mondo dominato dal CEO capitalism, con i cittadini comuni (maschi e femmine) in luogo di Ortensia? Cosa è successo in Italia in questi ultimi trent’anni con tale modello?
Progressivamente lo Stato si è ammosciato, il politicamente corretto lo ha castrato, assumendo la configurazione di una successione di App. Così il Parlamento è ridicolizzato da lor signori, come figlio del non più accettato suffragio universale. Momento chiave di questo processo è stato il passaggio dalla figura novecentesca, in verità un po’ goffa, di Presidente del Consiglio, a quella elegante e autoreferenziale dei nuovi Premier-CEO, succedutisi dopo il 2010.
Con loro, il linguaggio si depura degli ornamenti novecenteschi, si allontana dai riferimenti etico-moral-religiosi di un tempo, si asciuga, si estremizza. Il linguaggio del corpo diventa prossemico, occupa tutto lo spazio politico-culturale disponibile. Soprattutto entra in gioco quella che l’amico Giovanni Maddalena chiama “Filosofia del Gesto” (Carocci Editore 2021). La politica si fa comunicazione, verbale e fisica, diventa rito, sullo sfondo si staglia la figura sempre più sacerdotale del Premier-CEO. Le sue conferenze stampa, con le parole pesate con il bilancino, ricordano i processi logici di Andrei Vyšinskij: nei suoi spietati interrogatori non tollerava parole a difesa dell’imputato, ma solo una sua dettagliata autocritica, anche falsa, purché fosse coerente con l’accusa. Saremo costretti a essere tanti piccoli Vyšinskij ?
Il turibolo impugnato dal sacerdote-incensiere che ci guida nei riti ci sta forse preannunciando un Premier-CEO che cambia pelle e presto si farà Sovrano?
I Partiti, per sopravvivere si sono mascherati da Fondi (di investimento, pensioni, chiusi, speculativi, etc.), all’inizio hanno tentato una resistenza cieca, velleitaria, per poi accomodarsi in una passiva accettazione. I mutamenti radicali dei processi socio-economico-culturali li hanno presi in contropiede, le nuove narrazioni li hanno sopravanzati, la flessibilità si è configurata come necessità prima ancora di diventare un valore negativo. La funzione di servizio al cittadino-elettore ha perso la sua cifra etica, diventando protocollo. Quando capiranno che anche vincere nelle urne non significa governare, ma solo essere autorizzati a fingere di farlo?
Così gli Elettori, sulla carta Azionisti sì, ma in realtà castrati, avendo azioni a sempre più limitato diritto di voto, stanno perdendo lo status di Cittadini, per farsi Plebe. La giustificazione? Il timore che diventino come i personaggi della “Nave dei Folli” di Hieronymus Bosch: così ottusi da sprecare la loro (breve) vita nell’ignoranza e nei vizi, anziché al servizio del Sovrano. Quindi da educare per tutta la vita.
Che dire? In attesa di tempi migliori si punti a comprare tempo, rimanendo, nel nascosto del nostro pensiero, orgogliosi di essere Plebe.