IL Digitale


Codice basso ed open source

Uno dei vantaggi delle tecnologie digitali, a prescindere dall’eventuale spolverata di intelligenza artificiale o meno, è rendere più facili molti lavori. Tra questi spicca lo sviluppo software, tradizionalmente appannaggio o di smanettoni che hanno imparato da soli, o di chi abbia frequentato corsi scolastici ed universitari dove, oltre a buona quantità di matematica, viene insegnato a programmare. Sentirete probabilmente parlare di...

Low-Code (codice basso) o No-Code (nessun codice) per descrivere piattaforme che consentono ad un non informatico di svilupparsi la sua applicazione.

Il No-Code è indicato per le attività hobbistiche, non professionali, o a limite per aziende a conduzione famigliare. Un negoziante può crearsi un sito di commercio elettronico in autonomia, un appassionato di scrittura potrebbe farsi un database su misura per i propri interessi, e così via senza dover pagare software commerciali o servizi professionali che rischiano di essere proibitivi rispetto all’utilizzo. Le piattaforme No-Code si basano su un’interfaccia grafica che consente alla persona di scegliere da menù cosa vuole fare, e poi clic dopo clic costruisce la sua applicazione. Un esempio è Saltcorn, che trovate qui https://saltcorn.com/tenant/create e che fornisce in open source tutte le istruzioni, qui https://github.com/saltcorn/saltcorn . Come vedete la grafica è poco intuitiva ed anche bruttina, ma cosa volete pretendere quanto è gratis ed è stato costruito da ingegneri . Facile immaginare che a breve prendano piede altre piattaforme basate sull’usabilità ed intuizione, ed a quel punto si veda veramente la democratizzazione dello sviluppo applicativo.

Il Low-Code invece si rivolge alle aziende, consce del fatto che solo il 30% dei progetti rispetta gli obiettivi di funzionalità, tempistiche e costi concordati inizialmente. È per questo motivo che nella quasi totalità delle aziende oltre all’informatica fatta dall’ente ICT (information communication technology) ci troviamo anche la tecnologia “ombra”, ossia quella comprata di soppiatto da questo o quell’ufficio, oppure sviluppata di nascosto da qualche collega smanettone. Che sia l’ufficio commerciale o quello della produzione, le lamentele su ritardi e costi dell’ICT sono una costante, e da li molti cercano di far da soli perché’ pensano di far meglio. Il Low-Code si basa sul principio che tutto, in un modo o nell’altro, espone dei metadati; quindi ogni attività elementare come potrebbe essere l’estrazione di tabelle e campi da un database rappresenta anche una istruzione formale. In pratica il Low-Code automatizza tutta una serie di istruzioni ed attività ricorrenti per migliorare la velocità e qualità del codice prodotto.

Esempi di Low-Code sono Joget DX, Stackstorm, Skyve e tanti altri, che consentono sia un notevole incremento di produttività al personale ICT, sia ai singoli uffici di creare la loro mini-applicazione in modo rapido e sicuro. Un esempio è il processo del recupero crediti, che nelle aziende medie e grandi resta sempre a cavallo tra l’ente amministrazione, che vorrebbe mandare solleciti a tutti i clienti con fatture scadute, e l’ente commerciale che preferisce gestire i clienti a seconda della loro importanza e potenziale di altre vendite. Non volendo creare problemi a colleghi e clienti, molto spesso si recuperano meno crediti del previsto, e più lentamente di quanto possibile, un problema annoso. Con il Low-Code l’ente commerciale si può creare un’applicazione dedicata che riprende i dati dai diversi sistemi aziendali come ERP e CRM, prioritizza i crediti da riscuotere, e formula la comunicazione di sollecito tenendo conto delle specificità del singolo cliente. Dando la responsabilità del recupero crediti solo al responsabile commerciale, è più facile raggiungere i risultati richiesti.

Purtroppo, le grandi aziende produttrici di software si son buttate con forza in questo campo, per bloccare le iniziative open source che andrebbero a ridurre le loro vendite. Ovviamente le loro proposte hanno interfacce più abituali, ed un servizio di supporto migliore di quello open source, ma come ci ha spiegato spesso Giordano Alborghetti nella rubrica Linux Pub, spesso basta un minimo di costanza e di domande fatte alla comunità per venirne fuori alla grande.

Le piattaforme Low-Code sono anche manna dal cielo per i professionisti dell’informatica, perché aumentandone di molto produttività e qualità del codice possono concentrarci sui problemi interessanti ed aiutare le performance della propria azienda in modo concreto.

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