IL Cameo


Miserie del politically correct

Da tempo assisto a comportamenti imbarazzanti da parte di colleghi scrittori, intellettuali, giornalisti (ora pure cantanti e influencer), sul tema oggi di moda: il politically correct delle élite euro-americane che domina i media. Un tempo si facevano brillanti inchieste giornalistiche che i lettori seguivano come fossero telenovelas, entusiasmandosi ogni settimana ai nuovi colpi di scena. Purtroppo quelle brillanti ricostruzioni, in gran parte erano fake news o fake truth. Infatti...

... quando dovevano essere provate in giudizio spesso si squagliavano. Il momento più ignobile del degrado della nostra professione fu l’inchiesta Espresso-Cederna-Partito Radicale con l’assassinio radical chic dell’incolpevole Presidente Leone, l’unico perbene. A quel tempo la tecnologia era assente, c’era il segreto bancario, il porto della magistratura produceva solo nebbie, i trucchi e i complotti socio-politici erano la norma. Intendiamoci, come oggi, per i potenti valeva tutto. Nel frattempo, per motivi diversi, grazie alla tecnologia, sono nati nuovi protocolli, come FACTA, OCSE, WADA. Prima di parlare o scrivere di fatti che stanno in quella baraggia giornalistica che confina con la politica, l’economia, il codice penale, il gossip, almeno noi che scriviamo sui giornali dovremmo studiarli. Due casi.

1) Quello del dissidente russo Alexei Navalny. Costui si sente male poco dopo il decollo, l’aereo viene dirottato in una città della regione siberiana, i medici iniziano a curarlo, i media, specie tedeschi, si scatenano (faccio notare ai colleghi che è razzismo in purezza il termine, grondante disprezzo, scrivere “medici siberiani”). Angela Merkel si eccita trovando conveniente per i suoi disegni politici cavalcare questa vicenda, pretende di farselo portare a Berlino. Lo ottiene (sic!). In politica, specie quella estera, dove moralità-immoralità-PIL si fanno gomitolo, vale tutto. In funzione della tua potenza tutto diventa legittimo. Sottovoce penso che non sia un buon motivo per il nostro coinvolgimento. Noi di professione dobbiamo ricercare e scrivere di verità certificate. Persino i ciclisti e gli atleti in genere si possono dichiarare dopati solo dopo che il WAPA ha esaminato le seconde provette e fatto il dibattito pubblico. Così fu inchiodata la Russia dello sport. Figuriamoci un politico di professione. Noi non abbiamo interessi economici in gioco tipo il gasdotto Nord Stream 2. Semmai ci ricordiamo di due criminali della ThyssenKrupp condannati in via definitiva per l’omicidio di 7 operai torinesi (bruciati vivi) fuggiti in Germania. Qua applicando loro osceni giochini giuridici, niente giustizia per le famiglie dei sette, a Berlino non trovammo nessun giudice. Conclusione: lor signori, solo perché tedeschi, non sconteranno mai la pena.

2) Quello dei commercialisti milanesi sospettati essere “spalloni tecnologici” della Lega. Se lo hanno fatto sono spacciati, loro e la Lega. Per capirlo basta studiarsi il combinato disposto del FACTA americano e del CRS dell’OCSE. La Procura milanese ha iniziato l’indagine tecnologica attraverso rogatorie internazionali, per i colpevoli (se lo sono) zero possibilità di cavarsela. Tutti i trasferimenti di denaro, se ci sono stati, verranno seguiti passo a passo, possono spostarsi da un conto a un altro, ma nulla sfuggirà. Le modalità del tracciamento bancario ormai sono impeccabili e non possono neppure essere manipolate a favore o contro. Come giornalisti attendiamo e poi scriveremo. Ricordiamoci del caso Russia-ENI-Lega, vagonate di chiacchiere, poi, quando il processo di tracciamento terminò, un silenzio imbarazzante e imbarazzato avvolse i salotti e i talk show radical chic.

Il modello del CEO capitalism sarà pure osceno (e lo è) ma sul tracciamento delle transazioni bancarie i protocolli sono impeccabili. Infatti, il “nero”, moneta sia della malavita organizzata, sia dei privati di alto lignaggio (consumatori di droghe e sesso estremo da pagarsi appunto in nero) sia quello “istituzionale” degli “elemosinieri di Stato”, segue altri percorsi, non certo quello bancario, ormai trasparente. Stessa cosa per la opacissima moneta elettronica: al tempo del CEO capitalism ove l’opacità è un valore, avrà un luminoso futuro.

E noi zafferaniani? Con il nostro rigore d’antan, attendiamo le prove prima di scrivere. Intanto ricostruiamo il contesto. Il nostro destino professionale però è segnato: siamo fuori dal coro.

© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Giordano Alborghetti (Bergamo): curioso del software libero, musicofilo, amante del mare
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Roberto Zangrandi (Bruxelles): lobbista