Pensieri e pensatori in libertà


La scusa del nichilismo

È la volta di Antonio Polito sul Corriere di giovedì 17 settembre a invocare un “nuovo nichilismo” come causa di tutti i mali di cronaca, dall’omicidio di Willy a Colleferro in una spedizione punitiva a quello di Maria Paola a Caivano per mano del fratello contrario a una relazione con un ragazzo transgender. Polito usa il cappello del “nichilismo” per dire che i ragazzi mancano di valori e invocare un’emergenza educativa invece che la solita caciara politica, che strumentalizza tutto.

L’intento è nobile e giusto ma il richiamo al nichilismo...

... non è adeguato e confonde. In questo modo, finisce con l’essere nichilismo qualsiasi cosa: l’ignoranza (che di fatto mi sembra il vero nemico invocato da Polito), la violenza efferata (che c’è sempre stata dall’inizio del mondo, come spiega il prof. Marchetti dell’Università del Molise: la stragrande maggioranza degli omicidi è sempre stata di giovani maschi contro giovani maschi), i valori parziali come quelli del corpo o dell’onore. Oltretutto di questo presunto nichilismo sarebbero vittima sempre “i giovani” (però a dirlo da vent’anni, ormai i giovani non sono più tanto giovani).

Insomma, analisi un po’ equivoca e un po’ comoda. Quando sotto un concetto stanno troppe cose, non serve più a niente. A parte il nichilismo rovesciatore di valori del secolo XIX, che Polito giustamente ricorda, si è poi affermato nella seconda metà del Novecento un nichilismo filosofico e pratico che ha portato all’idea che tutte le interpretazioni di senso siano senza fondamenti e dunque che tutto possa essere ugualmente legittimo. È il famoso “anything goes” del cosiddetto postmodernismo, una critica radicale alle pretese moderne riguardo alla capacità razionale dell’essere umano. È l’idea che si è tradotta socialmente nell’ideale del multiculturalismo. Né il nichilismo antico né quello più recente sembrano modelli adeguati per capire i fatti di cronaca recenti a cui si è accennato.

Inoltre, anche questo secondo nichilismo entra in crisi con l’attacco alle Twin Towers del 2001, quando l’interpretazione di alcuni vuole la morte degli altri. Nasce una nuova era, anche filosofica, fatta di ricorso idolatrico e positivista alla tecnologia, un tentativo di recupero di visioni ideologiche nuove ma divisive come quelle antiche (basta guardare alla politica americana), di piccole ma tenaci ideologie economico-sociali, dal liberismo e dal globalismo ante-crisi del 2008 fino all’ecologismo radicale pre-Covid.

Non so che ragazzi frequenti Polito, ma quelli che conosco oltre a essere brillanti, generosi e istintivi come sempre sono stati i ragazzi, sono preoccupati (troppo) del futuro, iper-competitivi, spesso moralisti. Se un cambiamento si vede rispetto a dieci o venti anni fa, non va certo nella direzione del nichilismo: non è che non ci sia nessun senso ma ci sono invece sensi parziali affermati con tenacia come se fossero totalizzanti. È la dinamica dell’ideologia e non quella del nichilismo. Non si nega nulla, si affermano con violenza verità isolate e impazzite.

Serve saperlo perché è diversa la diagnosi e anche la cura: serve certamente più educazione ma non tanto ai “valori” (infatti nelle ideologie ce ne sono sempre tanti) né all’estetica sentimentale delle piccole cose quanto piuttosto all’accettare la realtà e a cercare la verità. Sembra una cosa difficile ma è facile: è un’educazione ad amare la verità più di se stessi e della propria idea. È un problema morale, ma di moralità nella conoscenza e non nel comportamento. È un’educazione affettiva e non intellettualistica, alla portata delle persone semplici e non solo dei colti.

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