Energia e ambiente


Cosa ci attende nel nuovo mondo?

Durante l’ultimo anno abbiamo assistito, a livello mondiale, ad un vero e proprio "concerto", con l'orchestra che ha eseguito con maestria le arie dei pericoli della pandemia e del cambiamento climatico. Con assoluta prontezza sono stati predisposti servizi a tema, papers e quant’altro, per spiegare al grande pubblico la necessità di un cambio di rotta verso il nuovo mondo che verrà. Dopo tutto: nulla sarà più come prima.
L’argomento è estremamente...

... vasto e per adesso cominceremo a trattarlo, da bravi apòti, ponendo delle rispettose domande nel tentativo di insinuare il dubbio e stimolare la riflessione.

Visto che ci viene proposta una transizione che dovrebbe portare alla fine dell’era del petrolio intanto dobbiamo conoscere la situazione attuale, ovvero quanto siamo dipendenti da tali materie prime per produrre tutta l’energia di cui abbiamo bisogno. Va inoltre tenuto presente che per quanto riguarda l’UE l’autosufficienza energetica è definita un’illusione.

Leggendo i dati della Commissione Europea (fonte: EU energy in figures. Statistical pocketbook 2017) scopriamo che il consumo interno lordo dell’UE era composto, nel 2015, per il 72% da combustibili fossili (34% petrolio, 22% gas naturale e 16% carbone). Se poi andiamo a vedere chi importa di più energia, o materie prime per produrla, scopriamo che sostanzialmente sono i paesi industriali della UE a farlo in maniera rilevante (Germania, Francia, Italia, Spagna).

Da qui ci sono varie osservazioni da fare, poiché viene evidenziato un trend negativo di consumo energetico negli ultimi 13 anni. E’ vero che l’efficienza energetica è aumentata, ma forse lo stato permanente di crisi economica, iniziato nel 2008, ha avuto un qualche ruolo. Con meno denaro disponibile i consumi delle famiglie calano e la produzione si deve adeguare. Inoltre: siamo sicuri di poter rimpiazzare, con le energie rinnovabili, i combustibili fossili pur mantenendo livelli di produzione necessari al nostro sviluppo?

Si legge che le persone dovranno inevitabilmente ridurre l’uso delle auto, moderare le velocità dei veicoli, o utilizzare auto elettriche a pedali come la Velomobile. Non suona incoraggiante vero? Fra le righe sembra suggerirci: non possiamo garantire i livelli di produzione energetica attuali quindi sarete costretti all’austerità. Perché è vero che le fonti rinnovabili sono “democratiche” poiché sole e vento baciano belli e brutti, ma l’efficienza della produzione energetica è bassa. A volte c’è vento, a volte c’è bonaccia. A volte c’è sole e a volte è nuvoloso.

In termini di efficienza stimabile quella degli impianti fotovoltaici si attesta fra il 10 e il 15% mentre per quelli eolici fra il 25 e 30%, quando va bene (la fonte di questi dati è qui).

Un recente articolo dell’Economist, dal titolo “The new energy order - Is it the end of the oil age?” del 17 settembre 2020, fa un’analisi sul futuro del mercato dell’energia. Il petrolio, oltre che essere inquinante, ha generato instabilità politica per via della sua concentrazione in alcune aree del mondo dove certi paesi, potendo vivere di proventi del petrolio, non hanno avuto l’incentivo a fare “le riforme” per sviluppare la loro economia impantanandoli nel clientelismo. Le grandi potenze hanno dovuto quindi adoperarsi per influenzare, spesso manu militari, le politiche di tali regioni del mondo come il Medio Oriente. I mercati quindi hanno comunque sofferto di pesanti volatilità dovute a shock di ordine geopolitico.

La panacea di tutti i mali sembrano essere le energie rinnovabili, assieme al relativamente pulito gas naturale. Esse argineranno il cambiamento climatico, le carestie ed i disastri naturali e daranno perfino più stabilità politica perché i paesi produttori di petrolio saranno costretti a democratizzarsi, a fare le riforme e vivere delle tasse dei cittadini. I prezzi dell’energia elettrica nel 21° secolo potrebbero essere meno soggetti a volatilità perché “electricity prices will be determined not by a few big actors but by competition and gradual efficiency gains”.

Restano alcuni non trascurabili problemini riguardo la transizione. Ad ogni modo può essere saggio rilevare che l’ambientalismo sia un programma troppo importante per lasciarlo gestire al CEO capitalism.

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