Vendere a prezzi bassi invoglia d'altronde i consumatori ad assecondare i loro acquisti più impulsivi e ciò ovviamente si traduce in un guadagno per le aziende. Le quali - ed è uno dei motivi per cui se ne è parlato di recente - inquinano che è un piacere. Le tendenze, infatti, cambiano velocemente e la fast fashion risponde a questa logica producendo capi sempre nuovi.
Colpita da alcune immagini sconcertanti di montagne di vestiti buttati, mi è venuta in mente la mega installazione che fece Christian Boltanski all’Hangar Bicocca nel 2010: una vasto cumulo di vestiti ammassati nel Cubo in fondo all’Hangar e spostati in continuazione da una gru. Un’opera davvero di forte impatto visivo. Era una sorta di spazio mentale fuori misura, evocato dagli abiti e dalle loro differenti posture. “L’abito usato è segnato dalla gestualità di chi lo ha indossato. Lo spazio di ciascuno e quello di una massa enorme di persone, convivono. Qui ci sono 500.000 abiti usati nell’arco di 30 anni. L’abito in volo è una sorta di resurrezione" dichiarava Boltanski in un’intervista. Nella navata di accesso al Cubo, si ascoltava il suo “Archives du coeur”, migliaia di battiti cardiaci registrati, sogno visionario per un archivio dell’umanità.
Già tempo prima Boltanski aveva utilizzato i vestiti come materiale artistico e drammaturgico, per evocare gli effetti personali dei deportati ammassati nei magazzini dei campi di sterminio nazisti. Tutto il lavoro dell’artista è pervaso infatti dal tema della morte, della memoria e anche della perdita, le voci dei vivi sovrapposte a quelle dei morti, la rievocazione Shoah negli evanescenti ritratti di volti senza nome, o dei loro oggetti, infine archiviati in memoriali anonimi.
E’ un inventario di fatto impossibile, ma ostinato e coraggioso. "La fotografia, l’indumento o il cadavere di qualcuno sono praticamente la stessa cosa: c’era qualcuno lì, ora non c’è più" dichiara l’artista, ma rimane pur sempre la parvenza, un oggetto, oltre la storia, oltre i nomi, oltre i corpi. Ora però, con la fast fashion, non vi può più essere alcun rimando poetico. Uno spreco inutile senza destino.