Vita d'artista


Mare

Quest’agosto Milano era deserta… come non mai. In generale i milanesi abbandonano in massa la città durante il periodo estivo, ma negli ultimi anni, prima del Covid, la loro assenza era stata compensata da un nutrito gruppo di turisti che, complici i voli low cost, rendevano Milano più vivace. Quest’anno non è andata così, tutto è sospeso.

Io amo Milano in agosto, in cui lavoro con calma, presidiando il palazzo dove ho lo studio assieme a Piera, la custode. A parte qualche lieve difficoltà, la vita è...

...molto buona: nessuna coda nei negozi, niente traffico, nessuna telefonata inopportuna. E’ il momento migliore per concentrarsi: i rituali balneari, e la calca al mare, li vedo solo nei tg. Se avessi un’isola privata, forse ci andrei anche ad agosto, ma non potendomela permettere, la mia isola è il mio quartiere. E i miei viaggi sono puramente metafisici.

Se pensiamo poi al concetto di villeggiatura, è un concetto assai recente: non più di un secolo fa il turismo semplicemente non esisteva… esisteva il grande viaggio, come quello di Goethe in Italia, che poteva durare anni, o il soggiorno per cure, ad esempio alle terme, che a sua volta durava mesi. Il mare o la montagna erano appannaggio delle popolazioni locali, che ne traevano la propria sopravvivenza. L’eccessiva urbanizzazione dovuta alla rivoluzione industriale cambia gradualmente il rapporto delle popolazioni inurbate, dei cittadini, con la Natura, e si fa strada la categoria dei villeggianti.

Nell’arte il tema del paesaggio è sempre stato presente sullo sfondo, raramente come protagonista: è soltanto nell’Ottocento che si iniziano a vedere dei paesaggi naturali “borghesi” in cui la campagna, il mare o la montagna effettivamente acquistano un valore ideale, una sorta di balsamo per gli occhi di coloro che ormai vivono nelle città offuscate dal carbon fossile.

Per quel che mi riguarda, la villeggiatura non ha mai costituito un problema. L’andare al mare invece suscita in me un sentimento potente: come quando sulla riva mi siedo a osservare l’orizzonte infinito: questa striscia dritta che segna il confine del mondo, una linea che in realtà non esiste, se non nell’immaginazione. E guardo le nuvole che si avvicendano nel cielo e il mio corpo, la mia mente entrano in una dimensione di calma interiore e di unità con il mondo.

Una dimensione spirituale impossibile da condividere con altri, se non pochissimi. Una dimensione dello spirito che si inebria di pura bellezza, nella sua più chiara essenza. E lontano da questo infinito, da questa ispirazione, mi prende una nostalgia acuta, uno struggimento: questo grande amore, questa precisa sensazione che ho di fronte al mare, ho bisogno di farla rivivere in me, come una consolazione, cercando di trascenderla nella pittura. Altro che vacanza.

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro