Zalamea è un matematico, che viene da una celebre famiglia di politici e artisti colombiani. Sua mamma, Marta Trava, è stata la responsabile della cultura della televisione colombiana e dell’Università. Tra i suoi meriti, quello di aver scoperto Botero. Suo papà è stato un giornalista e un padre costituente della Colombia. Fernando Zalamea, allevato in Italia, laureato a Parigi e addottorato a Boston, da anni ha creato una scuola di filosofia e matematica. Uno dei pochi in grado di padroneggiare perfettamente le matematiche più avanzate (teoria delle categorie, logica dei fasci, topologia di Groethendieck), le filosofie più complicate (Peirce, Florenskij, Cavaillès), l’arte contemporanea, l’architettura avveniristica, la letteratura di ogni tipo.
Il suo pensiero, partendo dalla matematica, abbraccia tutto questo infinito scibile secondo un profondo realismo metafisico rivisitato e a posteriori. Mi spiego in due parole: a differenza di tutto il pensiero moderno che è nato come rivolta contro i significati grandi e universali, Zalamea parte dalla realtà degli universali (modelli, concetti, significati) e attraverso una loro incarnazione risolve problemi concreti delle discipline riscoprendo quegli universali stessi in azione e nella loro efficacia. Mi spiego con un’immagine dell’ultimo pensatore che Zalamea fa capire, il grande matematico Groethendieck, morto nel 2014. Dice Groethendieck che una noce di cocco (il nostro problema) si può aprire in due modi: o spaccandola con qualche strumento, con tutti i danni collaterali che ciò crea, o bisogna immergerla nell’acqua così che essa dopo un po’ si apra naturalmente.
Così è la metafisica che Zalamea presenta contro la modernità: invece di contrapporre definizioni e analisi, se si immergono i problemi dentro gli universali matematico-filosofici, i problemi di definizioni e analisi si risolvono facilmente. Zalamea non lo dice solamente: la sua scuola filosofico-matematica ha già risolto alcuni problemi della matematica e della logica classiche come quella del continuo e ha proposto logiche nuove come quella dei grafi esistenziali intuizionisti e quella della fondazione gestuale della matematica. Problemini qualsiasi, insomma.
Allo stesso modo, la stessa tecnica è servita a Zalamea per scrivere saggi sulla cultura americana del Nord e del Sud, sulla poesia di Novalis, sull’architettura spagnola. La sua proposta è la più interessante e precisa dai tempi di Cartesio e, anche se non si capisce tutto, si capisce che si oppone a tutti i dualismi che derivano da Cartesio e a tutte le separazioni fra materie frutto del tremendo idealismo che affligge i sistemi educativi, soprattutto quello italiano. Se uno vuole conoscerla, troverà ogni tipo di articolo in giro su internet. Costerà un po’ di fatica, ma ne vale la pena come hanno detto i dodici intervenuti e le centinaia di giovani e vecchi partecipanti alla conferenza bogotana.