IL Fisco


Disastro elettronico

L’Italia è il Paese con il sistema fiscale più complesso al mondo. Ormai non si contano più gli adempimenti che continuamente vessano i contribuenti italiani.

Le aziende, soprattutto le piccole (artigiani, commercianti, etc.) oltre a lamentarsi del livello di tassazione, sono esasperate da un sistema che impone sempre di più incombenze e formalità.

In un quadro del genere il nostro legislatore ha pensato bene di sganciare una vera e propria “atomica”: la fatturazione elettronica.

Dal 1° gennaio i possessori di partita iva devono emettere e ricevere fatture esclusivamente in formato elettronico. A prima vista sembrerebbe una novità di poco conto: che ci vuole ad emettere una fattura elettronica?

In realtà il marchingegno è cervellotico. Ci vuole un software di fatturazione elettronica, fare la fattura in formato XLM secondo rigidi standard, criteri e vincoli, inviare la fattura allo S.D.I. (Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate), registrarsi in un apposito sito dell’Agenzia delle Entrate e fare molte altre cose.

Come ovvio, ciò ha comportato e comporterà maggiori costi per le aziende (qualcuno ha calcolato che i soli maggiori costi informatici e di assistenza saranno in media di circa 200/300 euro all’anno), caos nelle aziende e caos nei sistemi informatici dell’Agenzia, il tutto con probabili ripercussioni sull’assolvimento del pagamento delle imposte.

A questo punto la domanda sorge spontanea, perché introdurre una misura del genere, quando nel resto d’Europa viene adottata solo dal Portogallo? Poi l’Agenzia delle Entrate, attraverso le varie dichiarazioni e comunicazioni fiscali che richiede ai contribuenti, è in grado di sapere persino quante volte andiamo dal dentista, e quindi cosa sarà stato a motivare così fortemente il nostro legislatore?

La risposta si legge nelle pieghe dell’ultima legge di stabilità: la fatturazione elettronica comporterà un recupero fiscale di ben 2 miliardi di euro all’anno. E per il 2019 questa bella cifra è stata messa in bilancio nella colonna entrate.

Ora verrebbe da dire, perché 2 e non 1 oppure 3? Questo non è dato sapere. E poi, chissà se una misura del genere, che di fatto sembra fornire al Fisco pochi dati in più rispetto a quelli già posseduti dallo stesso, consuntiverà un recupero d’imposta. Così a occhio l’aspettativa sembrerebbe velleitaria, e addirittura c’è qualcuno che osa già pensare ad un effetto paradossale dell’operazione: un aumento del sommerso!

Un paio di certezze però le abbiamo acquisite: ogni attore, oltre a perdere un mucchio di tempo, ha dei costi supplementari per pagare quelli del software e i commercialisti. Il contribuente in conclusione spende più tempo, più energia, più quattrini per fare un’operazione che dovrebbe essere a costo zero: pagare le tasse.

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