Oggi l’industria musicale ruota intorno a un’artista di successo con varie figure professionali, ma la persona di riferimento resta il manager, alle prese anche con la tutela della salute del musicista, quando a rischio esaurimento nervoso, ansia da palcoscenico, blocco creativo, dipendenze. Il supporto psicologico è un tema diventato importante e se si tratta di un minore, il ruolo del manager è ancor più delicato.
Ad Augsburg, 300 anni fa nasceva un compositore e violinista che si inventò manager: Leopold Mozart, una vita dedicata a Wolfgang, il genio di famiglia per il quale lui sarà educatore, insegnante e manager multitasking.
Nell’anno dell’anniversario è ricordato per le composizioni e gli scritti didattici; apprezzato dai musicologi, lo è meno dai biografi che rimarcano quanto Mozart padre sfruttasse il figlio come enfant prodige.
Nel modo di procedere di Leopold c’è tutto il management artistico di oggi: ricerca del miglior incarico, pianificazione degli incontri, organizzazione dei concerti e un gran lavoro come tour manager. All’epoca il termine Tour significava mettersi in viaggio in carrozza, e, come fecero i Mozart, impiegare anni e anni per farsi conoscere in Europa.
I rapporti tra padre e figlio sono intensi ma difficili: Wolfgang, un genio non misurabile in termini di normalità neanche nel vivere quotidiano, da adulto si allontana da Leopold anche per dissapori artistici che creano frizioni tra “artista e manager”.
Un ricco epistolario testimonia che i due si tengono comunque in contatto; Leopold scruta con orgoglio i successi del figlio, ma non lesina il disappunto per le scelte che ritiene sbagliate, preoccupato anche in ragione della sensibilità emotiva di Wolfgang che nessuno come lui conosceva.