IL Digitale


Quant’è buono il melone non te lo dice Instacart

Il supermercato nasce nel 1916 a Memphis con Piggly Wiggly, il primo caso dove i clienti  scelgono la merce dagli scaffali per poi pagare in  cassa. Da quel momento la crescita raggiunge  tutti i Paesi del mondo e tutti i tipi di prodotti e  servizi: da latte e formaggi, ad automobili ed  assicurazioni, al supermercato trovi di tutto. Con  l’arrivo di Amazon...

...parte di questo commercio s’è digitalizzato rapidamente, e 160 milioni di persone pagano 100 dollari all’anno per essere nella cerchia dei preferiti dell’azienda.

Nell’era pre-Coronavirus il supermercato era ancora la destinazione di riferimento per l’acquisto di frutta, verdura ed in generale fresco, con il 97% degli acquisti rispetto al 3% del canale digitale. Ma oggi stare in coda per ore, mascherati e guantati per la spesa settimanale, porta ad un cambiamento di passo. Oltre ad Amazon, che pur avendo assunto 200.000 magazzinieri fa fatica a tenere il passo degli ordini, altre aziende della gig economy stanno crescendo in modo esponenziale.

Instacart è nato come servizio digitale per professionisti troppo impegnati per andare a far la spesa: un instacart personal shopper si occupa di prendere la merce che richiedi, la impacchetta e te la porta a casa all’ora richiesta, molto cool. Solo che adesso i volumi sono cresciuti di 50 volte, ed Instacart ha dovuto assumere 300.000 di questi personal shopper per far fronte alla domanda. Con il virus non si può andare al ristorante, fare la spesa diventa difficile e di conseguenza i volumi di commercio elettronico sono esplosi.

Ma come fai a decidere quale melone comprare se non puoi toccarlo ed annusarlo, come fidarsi di una bistecca di cui vedi solo una foto falsa, quanti altri passaggi di mano ci sono dal produttore al  consumatore, tutte possibili fonti di contagio? Cosa fai se, cercando la carta igienica, Instacart ti dice che è finita e ti propone carta per la stampante? Si moltiplicano i casi di contagio tra i lavoratori della distribuzione e trasformazione alimentare, come pure dei fattorini che pedalando allo sfinimento consegnano la spesa. La probabilità che buste, pacchetti, ed il cibo stesso, siano contaminati, è importante. La percentuale di asintomatici e subclinici, gente che contagia il prossimo senza saperlo, è vicina al 60% nella più rosea delle stime. Un guaio. Dispiace farsi contagiare da un personal shopper che pedala per pochi euro, e ti porta pure il melone acerbo e la bistecca infida.

Se davvero dobbiamo prepararci ad altri mesi di reclusione, forse vale la pena cambiare il geranio col basilico e mettere una gallina in balcone, ma sicuramente dobbiamo stare attenti al falso senso di comodità e sicurezza che ci viene da questi nuovi servizi. Chi, come il nostro Editore, ha la possibilità di comprare pesce dal pescatore, frutta e verdura dall’agricoltore locale, è meglio lo faccia. Ridurremo i rischi di contagio e daremo una mano nel ritornare ad un capitalismo umano, che non sfrutta ragazzi per una paga da fame e condizioni di lavoro pericolose. L’innovazione digitale ci darà blockchain per tracciare la catena logistica dei prodotti alimentari, telecamere e sensori per capire meglio quant’è buono veramente il melone, e passeremo dal 3% al 20-25% di commercio elettronico, ma in modo sostenibile.

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In questo numero hanno scritto:

Filippo Baggiani (Torino): commerciale settore moda, scrittore allo stato quantico
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro