Emanuel da X giustamente chiede se non sia meglio fermarci ad un semplice assistente dell’essere umano, evitando di sostituirlo, ma evitare di violare la sacralità della coscienza e dell’Io della persona. Sacrosanta domanda, che tralascio dal punto di vista legale e morale per stare su quello logico di cosa succede nella nostra zucca. Qui uno schema che uso da anni con i miei studenti per guidarli a sistematizzare il cervello, la mente e la nostra persona.
Srotoliamo questa matassa di spaghetti, diversi da quelli che mangiamo perché ognuno di essi influenza gli altri. In basso a destra il cervello che vediamo, tocchiamo, analizziamo; quello che conosciamo da anatomia, fisiologia e che ora studiamo sempre meglio con il progresso delle neuroscienze citato sopra. Il cervello reagisce agli stimoli attraverso segnali elettrici e chimici, come quelli di ossitocina, serotonina e dopamina, e molti altri ancora in una dinamica complessissima. Il cervello da un lato controlla il nostro corpo, dall’altro dà luogo alla mente.
Il cervello impara, sia a reagire in modo semi-automatico a stimoli già visti, sia a ragionare, e qui entriamo nella zona gialla a sinistra: abbiamo un sistema istintivo e primordiale per le reazioni automatiche, ed uno basato sulla memoria, su quanto impariamo ragionando. Per intenderci, pedalate in bicicletta col sistema istintivo e senza pensarci due volte, ma vi buttate in picchiata da una montagna se credete di saperlo fare, sparando una quantità di ormoni e segnali elettrici che vi consente di arrivare a valle sani e salvi, o al contrario insegnarvi a non provarci una seconda volta.
Ma quel discesone a livello estremo non lo fate all’improvviso. Avete iniziato a pedalare da bambini, migliorato la tecnica da ragazzi, e magari oggi siete ciclisti professionisti. Siamo nella parte verde del grafico: in ogni istante all’interno della nostra zucca, nella nostra mente, ci sono tutte le sfaccettature del nostro Io. Noi da bambini, noi figli o fratelli o sorelle, noi come individui o parte di un gruppo, che ci comportiamo in modo leggermente diverso a seconda dell’Io che vestiamo in quell’istante e delle memorie che riteniamo nella zucca.
Con tutto il progresso delle neuroscienze raggiunto ad oggi, se pensate a questo grafico come al Nanga Parbat, siamo ancora al campo base, a malapena iniziamo a capire come metabolizza la serotonina e come si accoppia coi segnali elettrici. Lo vediamo se entrate in una fMRI e vi chiedo di pensare alla vostra prima bicicletta: in 24 centesimi di secondo si accendono varie parti del cervello, vi ricompare in memoria la forma, i colori, la sensazione tattile del sedervi sopra e pedalare, e dopo altri centesimi di secondo risentite l’emozione di quel regalo. Rivedete probabilmente i genitori, gli amichetti, e siete di nuovo bambini.
Cosa vogliamo fare: limitare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale in modo che non violi l’Io dell’uomo, o passare quelle Colonne d’Ercole senza finire come Ulisse in un turbine al fondo del mare? Già, perché quel “fatte non fosti per viver come bruti” del XXVI Canto di Dante piace sempre, ma finisce per scottare.
Per chi volesse approfondire:
1. Daniel J. Siegel, La mente relazionale, Raffaello Cortina, 2001. (Cap. 1,3,4,5,7,8)
2. Daniel Kahneman, Thinking Fast and Slow, 2011, Farrar and Strauss (Cap. 1, 4, 5,6, 11, 13, 8, 9)