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Tic toc, tic toc

Scrivo queste righe una settimana prima della vostra lettura, ed oggi sono in trepida attesa per gli eventi dei prossimi giorni: tic toc, tic toc. Domani, domenica 19 gennaio, dovremmo vedere il cessate il fuoco e l’inizio dello scambio di ostaggi e prigionieri in Israele, dopo-domani l’inaugurazione di Trump, e per martedì aspettiamo le prime deportazioni di immigrati illegali da città come Boston e Chicago. A me interessa vedere cosa farà il Presidente con TikTok.

La Corte Suprema ha rimbalzato la palla ai politici, Biden ha fatto un passo indietro con la scusa della sua uscita di scena, Trump ha manifestato il suo favore alla piattaforma, ma fino all’inaugurazione non può cambiar le carte in tavola. Il fronte politico che prima era compatto contro questo strumento malvagio del Partito Comunista Cinese oggi si allenta: è evidente a tutti l’ipocrisia della faccenda, con Zucki reo-confesso di averci manipolati per anni al comando dei Democratici. In questo momento TikTok deve chiudere il 19 gennaio per evitare multe miliardarie, poi vedremo.

Uso TikTok da tempo e non capisco come il PCC mi possa influenzare: oltre alle mie ricerche di notizie in tempo reale e quelle di comici, lui mi ha proposto matrimoni di ebrei ortodossi, incidenti sciistici ed automobilistici, mille mila filmati di cani, regate veliche, ma mai nulla relativo a considerazioni politiche, religiose e nemmeno sui valori societari. Mistero, e dire che ho studiato le tecniche di lavaggio del cervello dell’esercito cinese, conosco benino il mondo digitale ed i trucchi sporchi dei social media. Potrei ipotizzare che questi comunisti cinesi siano oltre la frontiera delle neuro-scienze di cui leggo giornalmente, ed abbiano raggiunto un livello ancora assente dalle pubblicazioni scientifiche disponibili. Teniamoci questo dubbio: potrebbe essere così, oppure no. Rasandomi con Occam, anche no.

Quello che mi piace in questa vicenda è la reazione del popolo TikTok, quei 170 milioni di americani, specialmente giovani, che domani non useranno più la piattaforma preferita. Fine dei video divertenti, delle televendite, delle istruzioni per l’uso di una miriade di problemi, delle mie risate coi comici o i cani buffi. Specialmente i giovani di origine asiatica stanno caricando video sarcastici, dove si presentano come spie cinesi che ora sono costrette a lasciarci soli. Moltissimi i filmati di altri, giovani e grandi, che pensano bene di passare a RedNote, l’equivalente cinese di Instagram dove buona parte dello scritto è ancora in cinese, nemmeno tradotto. E RedNote, a differenza di TikTok, è veramente sotto il controllo cinese.

Non ho idea di quanti possano migrare lì, ma è divertente accedere ai video dei cinesi in Cina, che mostrano una realtà disponibile solo a chi visita di persona, non a chi si abbevera dai media mainstream nostrani. Il tema del controllo del Grande Fratello è trasversale, si ha quasi l’impressione che nonostante tutto si passi dalla zuppa al pan bagnato tra noi e loro. La mia speranza è che Trump ascolti il figlio che l’aveva spinto ad usare TikTok, ascolti chi lo consiglia sul tema, ed eviti la chiusura di questo social media.

Se anche fosse vero che il Partito Comunista Cinese riesce in qualche modo ad influenzare le nostre scelte, ipotesi particolarmente remota perché se decidessimo secondo i social media avremmo Harris alla Casa Bianca con una valanga di voti, la risposta non sarebbe la chiusura di TikTok, ma l’aiuto a costruirne un’alternativa. La ricetta corretta di fronte a idee strampalate o anche malvage non è la censura, ma proporne altre, meglio se corrette e giuste. Poi ognuno di noi sceglie con la propria zucca.

Se invece, cosa più probabile e di cui esiste evidenza, il divieto a TikTok viene dalla difficoltà per il Deep State ed i politici di controllarne la linea editoriale, meglio riaprirlo quanto prima.

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