In altri termini passiamo dalla centralità del cloud, dove la comunicazione è interattiva e l’utente crea e condivide informazioni per costruire delle comunità, alla decentralizzazione dell’Edge computing, comunicazione in forma anonima ed incontrollata e possibilità di compravendita tra singoli senza intermediazione delle piattaforme.
La promessa del Web3 è un affronto alle multinazionali che oggi gestiscono internet, e non sorprende che Zucki abbia deciso di contrattaccare con tutte le sue forze, cambiando il nome della sua azienda da Facebook a Meta ed investendo oltre $10 miliardi nel 2021 per sviluppare il suo metaverso, l’ecosistema che usa la realtà virtuale per costruire comunità e commerciare. In questa realtà virtuale si usano le stesse criptovalute (Ethereum, Bitcoin), e gli stessi oggetti (NFT) del Web3, nel tentativo di dare una spalmata di democratizzazione ad un ecosistema che oggi è nelle mani di pochissimi. Occorre quindi prestare attenzione: Meta è il tentativo di Zucki di continuare a dominare internet, usando voi lettori come prodotti. Web3 aspira ad essere un sistema incontrollato dove gli utenti sono liberi di comunicare e far commercio tra loro, senza l’intermediazione di ricchissimi CEO con la felpa.
Ricapitolando la storia del web: col Web1 è nato l’internet libero, open source, dove ognuno poteva sviluppare applicazioni e contenuto come voleva, in un regime dov’era difficile capire di chi fidarsi. Col Web2 l’open source e’ stato catturato dalle grandi piattaforme che hanno monetizzato il contenuto degli utenti fino a raggiungere un regime monopsonistico, garantendo in cambio qualità del servizio e certezza delle transazioni (pensate ad Amazon Prime). Abbiamo visto che le piattaforme non si curano di promuovere il vero o il falso, vogliono i soldi. Adesso il Web3 ci promette un ritorno all’open source, ma questa volta controllato collettivamente dalle blockchain e dai sistemi di autenticazione senza fiducia, per cui raccomando questo video di Silvio Micali qui.
La prossima settimana ci ritroveremo al MIT, tra ricercatori accademici, inventori ed imprenditori e chi, esploratore del nuovo mondo, deve distinguere tra fuffa e sostanza, tra promesse da PowerPoint e capacità di fare, execution. Quali sono gli aspetti da considerare per distinguere meriti e costi di questa evoluzione?
Dovremo considerare gli impatti sull’economia, capire se e quale valore si aggiunge. Sicuramente la disintermediazione negli acquisti di prodotti e servizi, ovvero rivolgersi direttamente al produttore saltando gli intermediari, è un esempio di beneficio. Ma CEO californiani e banche d’affari lasceranno avverarsi questo scenario?
Se il singolo individuo è in grado di creare e vendere in totale autonomia rispetto a piattaforme ed entri di controllo, quanto rischiamo di frammentare di più la nostra società?
Vista la battaglia di stati e banche contro NFT e criptovalute, come si fa a democratizzarne l’utilizzo?
Siamo davvero pronti a spendere ancora più tempo nel modo digitale di quanto già non facciamo, ad entrare in un’esperienza ancora più coinvolgente come il metaverso?
Cosa succede se Russia, Cina, India creano standard e tecnologie concorrenti? Siamo pronti ad abbandonare l’innovazione marcata Silicon Valley ed avvallata dagli USA?
Chi segue questa rubrica sa che i temi del controllo e della burocrazia sono ostacoli importanti all’uso corretto della tecnologia. Aver lasciato che una manciata di piattaforme monopolizzasse tutti i fornitori di prodotti e servizi, facendoci abbindolare da regole e contratti progettati per renderci prodotto e consumatore, ha finito per ridurre sul lastrico una quantità notevole di lavoratori, mentre il consumatore riceve quello che ha scelto in poche ore.
Col Web3 abbiamo la possibilità di tornare all’ideale un po’ anarchico di libertà ed autodefinizione, provando a toglierci dal controllo delle multinazionali. Vediamo.