Nel frattempo, la guerra incombe e il vecchio dilemma della mia infanzia, “burro o cannoni”, continua a deprimermi, visto che stimola la cattiveria e la volgarità di molti, oggi come allora. Nato negli anni Trenta del Novecento mai avrei creduto che quegli anni orrendi pari pari si ripetessero novant’anni dopo.
Ho così osservato, non certo in termini politici, di cui nulla so, e nulla voglio sapere, ma culturali, la radicale frattura nei Cinquestelle. Ho notato un Luigi Di Maio, in marcia verso un certo liberalismo autoritario, e un Giuseppe Conte fermo nel suo burocratico mondo targato Deep State. Sono entrati anche loro in quel caravanserraglio che è l’attuale politica italiana di guerra: leader agitati, trasformati in schegge verbali impazzite, gli elettori fermi ad ascoltarli in un silenzio stupefatto, per cotanta modestia linguistica e intellettuale. Sempre più partiti o movimenti per sempre meno elettori. Drammatico il dilemma in cui ci stanno aggreggiando, o stai con l’Aristocrazia o con la Plebe.
Mi è spiaciuto che l’idea, molto suggestiva nella sua stravaganza, del fondatore-guru Gianroberto Casaleggio sia fallita in questo modo miserabile. Aveva sognato un movimento di popolo “giovane” che occupasse pezzi del “vecchio” potere politico, aprisse come una scatoletta i Palazzi, sparigliasse le carte dall’interno del potere stesso, per poi scomparire (dopo due mandati), al grido “Missione Compiuta!” Un totale fallimento.
Così uno andrà ad aumentare il numero dei leader che gravitano su un “Centro” zuppo di personalità che si ritengono tutte di alto profilo (con accento sull’accademico-morale), l’altro si collocherà in una “Sinistra” altrettanto zuppa di personalità di alto profilo (con accento sull’etico-morale). “Centro”, “Sinistra”, “Destra” hanno tutte lo stesso problema: mancano gli elettori degni dei loro profili.
Viviamo infatti in un’epoca ove anche il mercato della politica è dominato dall’offerta, e ove la sua Banca Centrale (gli Stati Uniti) vive un momento difficile: pare sia sull’orlo di una guerra civile, non sa che fare, creando incertezza e preoccupazione fra i suoi adepti, sempre meno numerosi.
Pandemia e Guerra hanno disvelato l’infinita modestia del nostro modello e delle nostre élite. Dopo trent’anni di CEO capitalism il 50% di noi cittadini comuni ha capito (se correttamente o meno non lo so) che votare non serva a nulla, tanto “quelli al potere fanno ciò che vogliono”. Salvo il 10% (élite + staff), gli altri si stanno accorgendo di precipitare, giorno dopo giorno, nel girone, sempre più affollato, della “Plebe”, sia pure nell’accezione di Roma antica.
Così la classe media va verso l’estinzione: via l’ascensore sociale, via la dignità del lavoro autonomo, sì alla sedazione delle classi povere, definitivamente abbattute con il divano di cittadinanza, i lockdown, la didattica a distanza. Si è creato, per sottrazione, un grande spazio, politico-elettorale, una specie di baraggia plebea pronta a trasformarsi in un contenitore di risulta.
I vecchi partiti erano stati concepiti per rappresentare chi la classe alta, chi la classe media, chi la classe povera, tutti con un’osmosi verso l’alto. Fallito il modello si stanno configurando due sole classi, l’Aristocrazia (il mitico 10%, élite + staff) nel Palazzo, tutti gli altri ad ingrossare una “Plebe” sfilacciata e confusa.
Anch’io, confuso, mi chiedo, cos’è questo Cameo? Uno spunto di riflessione, ovvero un ignobile divertissement linguistico-canicolare?