L’amico XY, uno dei principi del foro giornalistico italiano, vuole che “corregga l’attribuzione di Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti all’alta borghesia”, e chiude con uno scappellotto “Distorcere la biografia di quei leader (figli del loro tempo, e dunque per molte questioni non più attuali) e la storia di quel partito (che fu spesso sbagliata e tragica ma anche grande e talvolta eroica) non giova alle tue tesi che spesso condivido. Con l’amicizia di sempre".
Lo faccio ben volentieri, XY ha ragione. All’inizio “alto borghesi” non lo erano, lo sarebbero diventati dopo. Il sogno “cambiare il mondo” di ogni giovane della classe povera di quell’epoca (la stessa dei miei genitori, marginalmente la mia) aveva solo due sbocchi: la rivolta senza rivoluzione (regicidio o ducecidio) o studiare. A un certo punto (permettetemi di semplificare al massimo) sia che tu ti trovassi in politica sia in un’azienda, il potere, e il suo figlio prediletto il razzismo nell’accezione anglosassone, diventavano uno snodo della tua vita. Dovevi scegliere. Per questo motivo ho scritto la frase chiave del mio Cameo: “Questo giochino razzista delle élite l’avevo capito quando ero un giovane operaio Fiat. I capi bastone del Partito Comunista si battevano, a parole, per la classe operaia. Ma con l’operaio singolo erano a disagio, non sopportavano il nostro afrore, un misto di trucioli e di olii esausti. Oggi, l’afrore dei “non attivi” (la nuova classe operaia) è stato sostituito dal “sudore populista” (copyright di Gianrico Carofiglio).
Apro una parentesi personale. Ero sull’aereo Fiat, solo con Gianni Agnelli, colsi un suo sguardo diverso dal solito. Mi fece una domanda “Mi hanno detto che lei sia stato operaio Fiat, è vero?” Si capiva che gli sfuggiva qualcosa, avevo la postura e il linguaggio di un benestante, un rotacismo nature più accentuato del suo, possibile che fossi un ex dell’officina 5 di Mirafiori? Sapevo che amava la sintesi. In 3 minuti 3, raccontai la mia vita, ispirandomi a una cavalcata western, con la secchezza linguistica di Tex Willer. Rimase in silenzio per un istante, poi “Caro Ruggeri, lei ed io siamo fra i pochi Fiat di terza generazione”. In 3 minuti 3 ero diventato un “alto borghese di complemento”. Due giorni dopo mi chiamò il Presidente dell’Istituto San Paolo pregandomi di aprire la loro convention annuale con il racconto (manageriale) della mia vita. Ero stato “venduto” come l’esempio della potenza della Fiat: trasformare un operaio buzzurro in un raffinato e colto supermanager. Chiusa parentesi.
Loro scelsero il potere e ci sono arrivati, seppur con un soggetto molto diverso dal PCI, l’"alto borghese" PD. Ma dal tabernacolo sono stati esclusi. Possono solo servire messa. E con loro tutti gli altri “alti borghesi”.
È lo stesso problema che si è trovato di fronte Bentivogli. Era diventato, all’apparenza, il nuovo Luciano Lama. Essendo uno perbene immagino abbia capito di essere in un cul de sac. Da anni i Sindacati sono stati abbandonati dai lavoratori e si sono trasformati in RSA di vecchi pensionati (chi ambisce a dirigere oggi una RSA?). Da trent’anni il CEO capitalism persegue un modello organizzativo che prescinde, nel processo decisionale, dai “corpi intermedi”. L’obiettivo “impoverire la classe media, sedare la classe povera” (copyright), predisponendola al divano di cittadinanza è vicino. Il potere vero si è fatto tabernacolo, se non fai parte della ristretta casta sacerdotale puoi solo ambire a servire messa.
Ripeto le mie passate sintesi-auspicio. Siamo precipitati in quella terra di brughiera dove democrazia, razzismo colto, fascism (senza la “o” mi raccomando) si intersecano. Sono terrorizzato che i miei nipoti, allevati liberi, possano avere un futuro di brughiera. Ma non posso fare nulla, se non scrivere, scrivere, finché non mi silenzieranno (l’essere “alto borghese di complemento” non mi salverà la penna).