Da sempre rifletto sul “Linguaggio dei Fiori”. Fiori e piante possono essere linguaggio e metafora della vita. Ad esempio, un CEO li usa sia durante l’operatività, sia nei momenti di relax. Ho sempre con me il Dictionnaire du language des fleurs avec l’origine de leur signification pour écrire un billet ou composer un sélam. Posseggo la prima edizione (Paris 1819) firmata da Charlotte de Latour, pseudonimo di una borghese, Louise Cortambert, moglie di un geografo e bibliotecario parigino.
Amo il caprifoglio (Lonicera caprifolium) perché è stata la pianta del grande amore della mia vita, Maria. Ogni volta che la incontravo mi presentavo con una delle celebri bottigliette di Lalique, con l’essenza di caprifoglio di François Coty: il grande profumiere la considerava superiore alle più rare essenze orientali. È il profumo dei vincoli d’amore (i contadini lo usavano per legare le scope), nel Medioevo fu utilizzato per Tristano e Isotta.
Ma il caprifoglio ha pure una lettura manageriale. La sua origine è selvatica, lui è un arrampicatore (l’animale simbolo è la capra che cerca le foglie più in alto, quelle bagnate dal sole e dalla rugiada). Nella salita si avvale delle piante vicine per puntare sempre più in alto, togliendo loro aria, luce, opportunità. Per crescere si avvinghia a qualsiasi sostegno, persino a se stesso, tanto è determinato. Il caprifoglio sa di essere un bastardo, ma tutto è ammesso per sopravvivere: in natura e nel business. Solo l’amore vero fa eccezione.
Nel caprifoglio mi ci specchio: durante il giorno è un selvaggio, uno spietato, un egoista, alla sera è un seduttore che rilascia i suoi profumi più conturbanti. Maschio di giorno, femmina di sera: un vero leader, selvatico.
Ora basta, sono affaticato, ma è stato piacevole rispondere alla sua domanda".