IL Cameo


Non dobbiamo aver paura del futuro

Non dobbiamo aver paura del futuro

Il Cameo del numero zero ha esplicitato la linea editoriale di Zafferano: fare giornalismo (artigianale) con spirito di servizio, riportare i giovani al centro della scena, no fake news, lotta totale alle fake truth, libertà di stampa.

E poi, difesa del suffragio universale. A chi non è uso vivere nei dintorni del potere vero, può apparire ridicolo porsi questo obiettivo, visto che la Repubblica italiana è nata su queste fondamenta, la Costituzione addirittura è stata scritta da quelli dell’assemblea costituente, eletti appunto, per la prima volta, a suffragio universale. Ma non possiamo trascurare chi sogna la fascistoide epistocrazia.

Come nonno, mi piacerebbe che i giovani, soprattutto Millennials e generazione Z, potessero vivere in un mondo ove le regole del gioco siano liberali, quindi meritocratiche, il futuro non crei, come oggi, inquietudine. Soprattutto il futuro non sia già scritto, ognuno possa, grazie all’ascensore sociale, scriverselo e realizzarlo. Quelli della mia generazione dell’ascensore sociale se ne sono avvalsi, eccome (io poi, gli devo tutto), oggi non è più così. Lo trovo inaccettabile.

Da una dozzina d’anni studio e mi interrogo in quale mondo vivranno i suoi amati quattro nipoti, tutti della generazione Z. So che il mio è senile velleitarismo intellettuale, nessuno può prevedere le giravolte della storia, ma un punto l’ho chiaro: il Ceo capitalism, che da un quarto di secolo ci vessa e ci governa, è il nemico da combattere, anche perché le funi dell’ascensore sociale lui le ha tagliate, volutamente.

Ai giovani la globalizzazione (selvaggia) è stata venduta dalla classe dominante come il mezzo che avrebbe permesso a tutti uno stile di vita tipo “Erasmus”: volare a Londra con 19 €, girare nelle Ztl con automobiline elettriche a guida autonoma, ricaricate con energia prodotta dal sole e dal vento etc. Fake news istituzionali. Si sono ritrovati a portare pizze per quattro soldi al ritmo indicato da un implacabile kapò-smartphone e avere un futuro certo di incerta precarietà.

Mi auguro che questo errore della globalizzazione selvaggia, sia presto risolto, cominciando a sostituire a “selvaggia” almeno “occhiuta”.

Per fortuna, a un certo punto i cittadini, gabbati, più e più volte, si sono avvalsi del penultimo strumento di dissenso che era loro rimasto, la scheda elettorale. Mai avrei immaginato, a fine vita, di invitare i miei nipoti e figli alla difesa del suffragio universale dalla minaccia di coloro che vogliono bypassarlo. Per fortuna, il giochino di quest’infima minoranza di birbanti-potenti si sta rompendo, ora sono più ottimista, sarà lunga, ma i giovani ce la faranno, grazie a loro stessi, ai loro genitori, nonni, insegnanti. Zafferano cercherà di dare una mano per capire questo mondo con modalità depurate da ideologie pelose. Sarà una mano di peso modesto? Certo, ma assolutamente disinteressata. Non dobbiamo avere paura del futuro.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica, scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Angelo Codevilla (California): professor emeritus, viticoltore, tifoso di Tex Willer
Osvaldo Danzi (Firenze): specialista risorse umane, ideatore della community FiordiRisorse
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale
Virginia Galilei (liceale)
Pietro Gentile (Torino): bancario, papà, giornalista, informatico
Christian Macario (Vernante, Cuneo): ristoratore
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Giancarlo Saran (Castelfranco Veneto): medico dentista per scelta, giornalista per vocazione