Nascondere e rivelare il palcoscenico è il compito del sipario ma la sua presenza traccia un confine il cui significato ne oltrepassa la funzione pratica.
Quando lo spettacolo va a iniziare, in sala e sul palco tutti, ma proprio tutti lo fissano.
Sono quei preziosi attimi dell’attesa a dare a quel telo un ruolo potente. In sala c’è curiosità e desiderio di meravigliarsi; sul palco (e dietro le quinte) concentrazione e tensione.
Il pubblico non sa cosa vedrà. Gli artisti non sanno chi li vedrà.
Questione di secondi, poi il sipario si ritira e il teatro diventa un tutt’uno in cui si crea un legame forte tra chi esegue e chi osserva. L’arte prende il sopravvento.
È così a ogni recita da molto, molto tempo perché il sipario ha una storia lunghissima. Nei secoli, continue modifiche ne hanno accompagnato l’evoluzione.
Può diventare esso stesso opera d'arte, come fosse un’enorme tela pronta a essere dipinta. Un esempio del Novecento è “Sipario per Parade” dipinto da Picasso nel 1917 come drappo per i Balletti russi di Djagilev, soggetto di Cocteau e musica di Satie.
Custode dei segreti del palcoscenico, il sipario deve anche attutire il brusio durante i cambi di scena, impedire alla luce di filtrare, essere robusto abbastanza da sopportare le continue aperture e chiusure; per questo da tempo è realizzato in pesante velluto, così da essere elegante e resistente insieme.
Dall’Ottocento in poi, la tonalità di colore scelta è di norma il rosso e per tradizione si dice che in questo modo esprima magnificenza, sfarzo e passione. Il che piace, anche oggi.
Nota finale: in quest’autunno 2023, i teatri lirici italiani uno dopo l’altro mettono in scena le nuove produzioni. Attesa anche quest’anno l’inaugurazione della stagione alla Scala, il cui primo sipario fu realizzato su soggetto del poeta Parini e istoriato, come d’uso nel Settecento. Apollo e le Muse in primo piano.