In poche parole ha voltato le spalle e rifiutato il modello del Ceo Capitalism ed ha scelto di tracciare una via propria, tanto è vero che parte dicendo “il sentiero può nascere, perché nessuno ha pensato di nascondere le proprie impronte, ma ha lasciato tracce, manifestazioni visibili della sua esperienza. Traccio dunque la mia via, ne sono testimone e la metto in comune con gli altri”:
Mi ha colpito lo spirito Zafferaniano.
Il tema centrale che tratta nel libro è perché e come la corsa può essere uno strumento di lavoro su di sé, e proprio mentre la si pratica, essere in grado di individuare i propri schemi e rigidità mentali, finanche gli insidiosi meccanismi auto sabotatori che condizionano la nostra quotidianità, rendendoci schiavi di noi stessi, perennemente insoddisfatti, portando a fare scelte al ribasso lontano da quelle che sono le nostre reali capacità, vuoi per paura, senso di inadeguatezza o sfiducia.
Capendo quale sia l’origine di quei meccanismi, monitorando i pensieri, lavoriamo su sentimenti e impulsi volitivi, e prestando attenzione dentro di noi, riusciamo ad avere un grado di coscienza qualitativamente superiore.
La conversazione è lunga, non si limita solo alla corsa, ma volge con attenzione lo sguardo anche al basket (sua passione da ragazzo), all’arte (l’immagine di copertina è un’opera d’arte, realizzata unicamente per il libro da Giuseppe Patanè, noto artista catanese), al mondo delle imprese.
E proprio professionisti del mondo delle imprese e studenti, e come ovvio chi pratica quotidianamente la corsa, sono i principali destinatari ai quali l’autore pensava mentre scriveva, cui attraverso un uso corretto e consapevole della corsa possono aumentare il grado di apprendimento e avere una chiarezza di pensiero e lucidità maggiore.
Un punto di contatto interessante tra sport, corsa e mondo imprenditoriale che tocchiamo nell’intervista è quello della competizione ossessiva per la quale si tende a vedere gli altri come un avversario da battere o, di più, da estromettere, dimenticando che proprio quei “rivali” permettono l’esistenza di quella gara, di quel mercato, favorendo, per esempio, la crescita ed innovazione di tutti quelli che ne fanno parte; essere dunque più fedeli all’etimologia della parola competizione, “cum” “petere”, ovvero andare insieme verso e non contro.
L’ultimo tema affrontato è stato quello circa l’utilizzo dei dispositivi tecnologici nello sport e la quantificazione numerica che sottende in definitiva a porsi dei limiti, e calandosi negli abissi di un tema filosofico così sdrucciolevole quanto centrale, è emerso che la tecnologia è rilevante come espressione dello spirito creativo umano, frutto di idee umane, ma essa è un oggetto, noi tuttavia tendiamo a farla divenire soggetto e affidandoci completamente, attribuendo una fiducia che non abbiamo in noi stessi, deleghiamo tantissime funzioni perfino quelle di contare i passi che dobbiamo fare durante la giornata, quale ritmo dobbiamo tenere, quante calorie assumere, non riconoscendo più in noi la capacità di autovalutazione delle singole situazioni. Il suggerimento dell’autore è dunque di ascoltare noi stessi più attentamente, di ascoltare e prestare attenzione in modo cosciente a quel che la vita ci dice e la realtà ci presenta.
La chiosa è affidata ad un tweet, condensando in 100 caratteri il libro:
“come trasformare la corsa, una compagna di vita, in strumento di autocoscienza, di crescita come individui”.