Con uno sguardo un po’ più attento ed un poco di provocazione la risposta è no.
Ciò che cambia è l’attesa, l’attesa delle 18 della domenica per la messa in onda di 90° minuto (impietosi i recenti dati Auditel che hanno comportato dopo 54 anni l’interruzione del programma) con la sintesi delle partite.
Apparirà strano, ma le partite oggi come allora non si guardano, prima per assenza di mezzi, ci si innamorava delle voci storiche della radio di “Tutto il calcio minuto per minuto”, oggi invece non si guardano per ipertrofia, per eccesso di partite, per overdose da video.
Il gioco del calcio vive di troppe pause, ritmi lenti e compassati, momenti morti, fini a se stessi. Si gioca a tutte le ore del giorno, tutti i giorni della settimana, no stop. Francamente è troppo, toglie il sano gusto del gioco, di sedersi sul divano per quei 90 minuti. Ha perduto il suo romanticismo.
Al contempo si vuole rimanere aggiornati, vedere l’abbuffata di goal e azioni di ogni singola partita, dunque ci si butta negli highlights come fosse un All You Can Eat eterno. E come all’all you can eat c’è tanto, a poco prezzo, ma di scarsa qualità, non si raffina il palato, una azione uguale all’altra, trionfo della mediocrità, nulla rimane se non la bulimia di vederne altri come nelle catene dei fast food.
I giocatori li vedi tutti e tutti i giorni, non c’è più il gusto della scoperta, si sa come giocano tutti. È stato svelato, è stato violato il velo del mistero.
Prima carenza di partite da guardare con eccessi di aloni leggendari, oggi una ipertrofia che toglie magia. Ma c’è una netta continuità, il rifugio negli highlights, nella sintesi dei momenti di maggior interesse, che spiegano poco, tolgono profondità, si rimane, galleggiando, in superficie.
Abbiamo mai dunque guardato una partita di calcio?