IL Digitale


Prepararsi al futuro digitale

All’inizio di questo millennio, in piena spinta della globalizzazione, molti ragazzi avevano paura di studiare informatica perché si rendevano conto che coetanei altrettanto bravi e ben equipaggiati in India e Cina potevano fare lo stesso lavoro ad una frazione del loro stipendio. Vent’anni dopo, siamo punto e a capo: studenti che evitano ingegneria, matematica, fisica perché presto questo o quel mestiere sarà svolto da un ranocchio artificialmente intelligente con un costo irrisorio rispetto alla loro paga.

La storia ci insegna che mentre i timori erano e sono fondati, la fuga non conviene: solo in America il numero di programmatori ed i loro stipendi al netto dell’inflazione son cresciuti del 50%, meglio investire il proprio futuro nel digitale. In questa rubrica invito a giocare ed impratichirsi con l’intelligenza artificiale, sia essa l’LLM come ChatGPT o il programma che produce delle grafiche innovative, o quello che ti aiuta nei compiti quotidiani.

Se non volete leggervi quest’ultimo studio sul futuro dell’intelligenza artificiale (qui) vale la pena riassumere i punti principali. Innanzitutto, preferite sempre chi cerca di adottare questi strumenti in modo complementare, supplettivo all’operato della persona. Può essere il copilota che vi scrive la bozza di un contratto, o quello che vi ottimizza gli incontri in agenda, o l’altro che rilegge e corregge cos’avete appena scritto; in pratica un robot che veramente aiuti nel vostro lavoro. Non serve che la macchina faccia cose mirabolanti, anzi: meglio se vi evita attività noiose ed aumenta la vostra produttività, senza clamori. Al contrario evitate come la peste chi vuole sostituire l’operato umano con quello artificiale.

In secondo luogo, cercate un settore di mercato elastico, in grado di scalare. Gli alimentari di base, i farmaci ed in generale l’agricoltura sono esempi di mercati poco elastici, perché più di tanto non possiamo mangiare, curarci o coltivare. Al contrario viaggi e turismo, beni di lusso, prodotti elettronici sono molto elastici: se con il ranocchio elettronico posso ridurre i prezzi o creare nuovi servizi, quel mercato scala, i volumi crescono, c’è torta per tutti. Oggi ci sono dieci volte il numero di piloti ed hostess di cinquant’anni fa, voliamo molto di più di prima perché con 30 euro fai il fine settimana in una capitale straniera senza dissanguarti. In pratica, se scegliete di lavorare in un settore elastico, avete buone possibilità di migliorare parecchio con le tecnologie digitali in generale e l’intelligenza artificiale in particolare.

Legato al punto precedente, occorre porre attenzione al grado di regolamentazione ed apertura di un mercato rispetto ad un altro. È molto più facile creare applicazioni e strumenti IoT per il supporto del regime di vita, sia esso quello dell’atleta amatoriale che vuole una mano per allenarsi meglio, o del cinquantenne che s’è finalmente reso conto di dover stare a dieta per regolare i parametri vitali. La linea di confine è sottile, ma tutto si complica notevolmente se pensate di creare strumenti medicali, per la diagnosi o cura di una qualsiasi patologia. Partendo dalla cybersecurity, alla gestione della privacy dei dati personali e medicali, all’affidabilità e ripetibilità delle misure dello strumento, andiamo dal semplice, al veramente difficile e costoso da sviluppare. Basta dire che una start-up tecnologica che inizia con $100.000 di finanziamenti terzi è ben vista, in ambito biotech ne deve avere 40 volte tanto per farsi vedere.

Da ultimo, rifuggite consulenti e venditori di tappeti digitali che vi promettono mirabolanti guadagni o risparmi investendo in questo o quello strumento digitale. Se fosse vero non lo direbbero a voi, ma sarebbe il loro mestiere. L’immaterialità di questa materia ci induce a non afferrare bene cosa e come funziona, di conseguenza l’approccio migliore è quello giapponese: fare un qualcosa di piccolo, semplice, e che funzioni davvero. Usarlo in pratica e poi, quando tutto è testato e migliorato, aggiungerci qualche altra funzionalità e continuare senza sosta.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Emanuel Gazzoni (Roma): preparatore di risotti, amico di Socrate e Dostoevskij, affascinato dalle storie di sport
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.