Il Minicameo


Gli ultimi sette post

Cari lettori di Zafferano, ecco qui le prime sette - brevi e intense - puntate della nuova rubrica il Minicameo. 

LA PENOMBRA DI NOTRE DAME

Notre Dame è tornata. La sua ferita è rimarginata? Mi auguro di sì, ma temo di no.

Le ferite della memoria in quanto tempo si rimarginano, ammesso che si rimargino?

Mario Botta, quel giorno di cinque anni fa dette un’intervista al Corriere del Ticino: “Non siamo stati capaci di evitare un banale incendio, è uno smacco per la società dei consumi che va nello spazio, uno smacco che resterà per sempre. La cattedrale è la chiesa di tutti, è la chiesa della nostra identità.

Immensa verità!

Quando facevo il CEO e giravo il mondo, spesse volte la domenica mattina la passavo visitando chiese, non solo perché sono cattolico, ma perché sono luoghi dell’anima, e lo facevo sia fossero cattoliche, protestanti, luterane. E dopo una settimana passata nello zoo del business e del management, solo lì mi sentivo tornato persona, sensibile e pensante.

Una curiosità. Ci sono eventi (il crollo delle Torri gemelle, Notre Dame) che impattano in modo devastante sulla nostra vita, sulla nostra psiche, al punto da farci ricordare, per sempre, cosa facevamo non solo in quella giornata particolare, ma in quel momento particolare.

Spero che nella ristrutturazione gli architetti siano riusciti a ricreare l’atmosfera precedente.

Secondo la filosofia medioevale, il Bello, il Vero, il Bene, sono i tre attributi del Divino.

Perché Notre Dame, e tutte le cattedrali medioevali, vivono su un delicatissimo equilibrio che si è venuto a creare nei secoli, quando i tre attributi divini incontrano la luce e la penombra.

Sono luoghi dell’anima e, almeno per me, l’anima preferisce la penombra.

Nella nostra vita ci sono un’infinità di penombre, e le scopri o nelle cattedrali o nel tuo animo.

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DRAGHI, BAGNAI, IL BANCHIERE SVIZZERO XY

Chi mi legge sui diversi media che mi pubblicano , ascolta le mie conferenze in presenza o via streaming, conosce la dichiarazione che sempre premetto sul tema “economia”: “So di economia quanto ne deve sapere un CEO di multinazionali e nulla più, comunque non sufficiente per poterne scrivere o dibattere”.

Infatti, alcune volte all’anno scrivo Camei di taglio economico, però mi nascondo sotto l’ala protettiva dell’amico banchiere svizzero XY (il suo vero nome me lo porterò nella tomba).

XY al tempo della crisi del 2008 mi aveva suggerito di abbeverarmi agli scritti e ai comportamenti organizzativi di Mario Draghi e di Alberto Bagnai, che anche lui seguiva. Così ho fatto. E così continuo a fare.

Draghi da quando ha lasciato tutti gli incarichi istituzionali non parla più con frasi brevi e incisive (celebre lo slogan “Whatever it takes”, chissà se intendeva, non essendo sinonimi, “tutto ciò che è necessario”, ovvero “costi quel che costi”), è diventato più rotondo, più umano, certe volte (rare) pare un “populista patrizio”.

Di contro Bagnai ha inventato una forma estrema di comunicazione: fa lezioni di macro economia guidando l’auto, modalità di grande impatto emotivo per il discente, che da domani penso gli sarà preclusa, stante l’entrata in vigore del nuovo codice della strada. Cosa si inventerà?

Diverse, a volte opposte, le nuance ideologiche dei tre personaggi. Suggerisco ai lettori di seguirne l’evoluzione.

Credo che si avvicini il momento in cui i tre dovranno prendere atto della realtà economica in cui l’Europa è immersa, o sta precipitando, a seconda dei punti di vista.

Come reagiranno di fronte alla loro vittoria/sconfitta, intellettuale of course ? Che faranno i loro fan?

Solo vivendo lo scopriremo.

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O.K. CORRAL SU LA 7

Suggerisco ai lettori di scaricare dal sito de La 7 il video di Omnibus del 7 dicembre 2024.

Ho assistito a uno spettacolo di teatro dell’assurdo, degno del miglior Samuel Beckett, diventato tale in corso d’opera, all’insaputa sia degli autori sia dei partecipanti.

Per me, uno dei più bei esempi di giornalismo televisivo. Complimenti a La 7.

Due gli atti della “pièce”.

Il primo è strepitoso. Si ispira al film “La sfida all’OK Corral”, al tempo in cui il conflitto di interessi fra politici dem e rep si risolveva spesso con la pistola.

Stessa metafora su La 7. Carlo Calenda e Giuseppe Manca danno origine a un “western politico” di altissimo livello emotivo.

Mentre Calenda è stato se stesso, così vibrante di indignazione repressa per le menzogne dette in Parlamento da Tavares, Manca ha recitato la parte del “pungiball”, raggiungendo l’apice dell’ironia repressa quando ha finto di non sapere un numero ovvio, solo per offrire ai giornali di usare la loro analisi classica: ”E’ stato asfaltato!”

In effetti, questo era il mandato degli Azionisti: compiuto!

Suggerirei a politici e giornalisti di rileggersi un libro di Marco Cobianchi, allora a Panorama: “American Dream. Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat”.

Le menzogne sui piani strategici di Marchionne (oggi trasformato in santino) sono lì certificate, e sono identiche a quelle di Tavares, perché identico era ed è il fine: tagliare la corda senza pagare pegno.

Infatti, per tre anni Marchionne ha prodotto piani strategici quinquennali fasulli, che ogni anno riscriveva (sic!), con quello scopo.

Una notte scomparve, e un giorno, come d’incanto, ricomparve nel suo mega ufficio di Detroit.

Nel secondo atto del teatro dell’assurdo entriamo in scena noi, comparse della cosiddetta società civile, spiazzati dal primo atto.

Parlo solo per me, per rispetto verso La 7 decido di fingere di non ricordare come è effettivamente avvenuta la fuga di FCA di Elkann e di Marchionne dall’Italia e parlo del mio scenario 2035 sull’auto elettrica. Sipario!

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LA PENOMBRA DI MACRON

Emmanuel Macron frequenta il lycée Henry-IV, si laurea in filosofia nell’Università Paris Ouest, frequenta Science Po e ENA, fa il banchiere d’affari con Rothscild & Co.

Per lui l’apprendistato in politica non è iniziato attaccando manifesti sui muri del XVI° ma facendo, d’emblée, il ministro dell’Economia, per poi diventare Presidente della Repubblica. Incredibile? No, questo è il CEO capitalism !

Con un tale curriculum (ridicolo, tanto è perfetto nella sua finzione per gonzi) è impossibile non portare al fallimento qualsiasi organizzazione.

In sette anni lui ci è brillantemente riuscito: la Francia ora è in ginocchio.

I numeri dell’economia che consuntiva sono pessimi, in più ha accentuato la crisi di identità del paese, ormai culturalmente spaccata in tre spicchi, equivalenti nel loro estremismo destro-sinistro-centrino.

Come peggiore d’Europa se la batte con il suo compagno di merende Olaf Scholz. E dire che loro due, secondo le nostre rarefatte élite, erano quelli deputati a guidare la corazzata Europa.

E voleva pure mandare i giovani francesi a combattere in Ucraina.

Nella patria di Sartre (“Quando i ricchi si fanno la guerra fra loro, sono i poveri a morire”) nessuno dirà mai “Vado a combattere nelle steppe del Donbass per Macron” senza scompisciarsi dal ridere.

Anziché dimettersi al grido “Non mi meritate!”, ha deciso di rimanere.

Fallita la “terza via”, i Patrizi non hanno ancora capito che il banco prima o dopo potrebbe saltare. La “maggioranza silenziosa” (ora, così disgustata del “marconismo” che in gran parte non vota) non è più classe media, è plebe, ed è distribuita in tante configurazioni nei partiti-container di destra, di sinistra, di centro. Teoricamente, ognuno di questi partiti potrebbe implodere.

Cosa succederà? Solo vivendo lo capiremo, di certo è imbarazzante per la République essere governata da Macron o dai suoi cloni. Prosit!

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L’AUTO NON È NÉ UN FARMACO NÉ UN BENE DI LARGO CONSUMO

Non posso che assumere che la direttiva “2035” della Commissione Ursula 1 sia stata concepita senza fare neppure uno straccio di studio di marketing per capire cos’è effettivamente l’auto per il cittadino comune (cliente).

Di certo non ha capito il “segnale debole” sotteso alla rivolta dei gilet gialli.

Quando ero un giovane operaio Fiat ci volevano 8 stipendi per comprare l’ultima nata, la 600, mentre oggi per un operaio Fiat ce ne vogliono 18 per un’auto elettrica equivalente.

La Baronessa di certo non sa che per un cliente l’auto non è né un prodotto di largo consumo (da gestire con le tecniche del marketing e della pubblicità) né un farmaco (ove la paura fa accettare al cliente qualsiasi forma di intermediazione finto colta).

Per il cittadino comune l’auto era, ed è, un’estensione del suo tinello. Comprare un’auto è come comprare l’alloggio.

Ancora oggi, per i non ZTL, l’auto è rimasta un membro-robot della famiglia, con cui si vive, si lavora, ci si svaga, in piena di libertà.

Teoria sviluppata da Henry Ford I nel 1915, quando lanciò il mitico modello T. Fu Ford a vincere la “guerra elettrico-benzina”: Detroit Electric dichiarò bancarotta e l’elettrico scomparve. Fino al 2004, quando Elon Musk lo ridisegnò.

Per regolamentare prodotti diversi dai cetrioli bisogna studiare, sperimentare, studiare … e poi lasciar decidere al mercato.

È curioso che siano proprio i figli intelligenti e colti della casta patrizia neoliberista, di cui la Commissione è zuppa e zeppa, ad avere un approccio così dirigista per raggiungere gli obiettivi di una politica spesso velleitaria, fino al ridicolo della filosofia woke. Prosit!---

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HARAKIRI DI CARLOS TAVARES

Dopo aver consultato il suo amato manuale di management “O meglio o niente” di Jim Collins, Carlos Tavares ha scelto di fare harakiri.

Ha capito di non aver capito due cose: 1 come funziona il mondo vero dell’auto; 2 come funziona il mercato americano, e il ruolo strategico che colà hanno i dealer.

Facendo harakiri ha fatto felice l’Imperatore.

I CEO non si dimettono, fanno harakiri, perché così fanno i patrizi, di nascita o di complemento.

È il loro modo, nobile, per avocare a sé le colpe di altri patrizi di grado superiore.

Cioè per proteggere il Board di Stellantis e pure le colpe gravi di Ursula von der Leyen, del Parlamento UE, dei 27 Premier, firmatari della imbarazzante direttiva auto elettrica 2035.

Ora è tutto chiaro: la direttiva 2035 non si può attuare ma, al contempo, non si può neppure cancellare. Quindi?

Semplice, i tre CEO europei dell’Auto devono accompagnare la direttiva Ursula 2035 all’oblio, nel più assoluto silenzio, fingendo di attuarla, gabbando l’astuta Teresa Ribera.

Onore della armi a Tavares. Le sue dimissioni non risolvono il problema dell’auto, ma aiutano a fare di lui un seducente capro espiatorio.

La sua liquidazione? Il minimo sindacale, per il contributo dato alla cupola.

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HUNTER BIDEN E IL “TABERNACOLO”

L’America ha inventato il management: senza il management non esisterebbe il business.

Il management è un’attività riservata solo ai patrizi, sia di nascita che di complemento.

L’America custodisce il “tabernacolo” del business del mondo intero.

Senza l’America il business non esisterebbe.

L’America è un Impero, l’impero del business, che si è autoassegnata la custodia perenne del “tabernacolo”.

Il suo Presidente è il custode (provvisorio) del “tabernacolo”.

Nel “tabernacolo” sono anche custoditi, per essere purificati, i lati oscuri dell’animo umano dei patrizi di tutto il mondo.

Nella fattispecie ci sono i lati oscuri, tanti e diversificati, di Hunter Biden, il figlio del Presidente.

Lui è un patrizio e, in aggiunta, è il figlio del Presidente.

Lì rimarranno, come tutti gli altri, sepolti e purificati, per sempre.

Sulle cose del Patriziato la Plebe taccia! Per favore!

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