IL Digitale


Produttività e tecnologia

Sull’evidenza del miglioramento della produttività, e quindi dei salari, portata dalle tecnologie digitali, esistono studi periodici ogni dieci anni. Negli anni ’80 e ’90 gli economisti non trovarono un grosso aiuto da parte delle nuove tecnologie, mentre uno scatto in avanti fu fatto negli anni 2000, per poi raffreddarsi nuovamente tra 2010 e 2020. 

Per chi volesse approfondire, qui, e le preziose pubblicazioni di Enrico Nardelli in Italia.

Ed ora, che abbiamo ChatGPT? Adesso che le grandi multinazionali digitali ci riempiono di promesse sui nuovi LLM per migliorare produttività individuale ed aziendale? Si impennano gli stipendi, facciamo festa?

È vero che ci sono casi d’uso dove l’aumento di produttività è provato: dalla redazione di contratti, alla preparazione di ogni tipo di documento, alla semplicità e rapidità che migliorano processi come il supporto post-vendita. Tutto vero, ma a livello micro, di singolo ufficio o magari di azienda. Esistono già adozioni di intelligenza artificiale a livello aziendale, ma gli esempi non son sempre positivi. Quando la tecnologia si adotta in modo sostitutivo, ovvero si licenziano centinaia di giornalisti o programmatori come avvenuto di recente, la singola azienda può avere avuto un risparmio importante, ma l’economia generale deve ancora sostenere quelle persone che ora sono in mezzo alla strada. Il sistema, nel suo complesso, non ci ha guadagnato. In ultima analisi, come diceva Keynes nel 1936, dovremmo quantomeno percepire lo stesso stipendio ma lavorare solo 15 ore settimanali grazie all’aumento di produttività delle nuove tecnologie: non ci siamo ancora se riduciamo il reddito dei lavoratori.

Internet ha impiegato vent’anni per entrare nel 70% delle aziende americane, ed ancora oggi tra le multinazionali in borsa molte non hanno nessuna intenzione di usare l’intelligenza artificiale: aspettano che altri aprano la strada. In tutto questo purtroppo le istituzioni governative ci mettono del loro, volendo legiferare per controllare tutto, per preservare i diritti dei consumatori, la privacy, l’eticità del ranocchio elettronico. A Bruxelles lavorano da due anni sulla legge per controllare l’intelligenza artificiale, ossia da prima dell’ingresso di ChatGPT sul mercato. Si sono già così incagliati, che anche le aziende sostenitrici di questa iniziativa non percepiscono nessun aiuto concreto nel proprio lavoro.

In pratica, per vedere un aumento di produttività e quindi degli stipendi, derivante da ChatGPT e compagni artificialmente intelligenti, occorre fare in modo che l’adozione sia la più ampia possibile e che sia complementare al lavoro della persona, non sostitutivo. Ogni volta che si riduce l’orario di lavoro o si licenzia qualcuno perché c’è il robot che può fare quel mestiere con meno, l’economia del paese sicuramente non guadagna. E qui torna Keynes: perché non lavoriamo solo 15 ore la settimana a parità di stipendio? Forse perché ogni innovazione, nel momento in cui viene adottata da tutte le aziende sul mercato, non da più un vantaggio competitivo? La concorrenza del mercato è in continua evoluzione: se oggi uno studio di avvocati si avvantaggia dall’uso di ChatGPT, domani i concorrenti lo copiano, ed il vantaggio vien meno. Quindi possiamo dire che in generale aumentano gli standard di vita, ma in linea di massima è improbabile arrivare alla previsione utopica del 1936.


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Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro