L’America incentiva parecchio ad investire e dare lavoro nel Paese, sia per rimpatriare chi era scappato nelle low cost country, sia per aumentare la concorrenza del mercato domestico. Ma aprire un azienda in USA, sia filiale per semplice distribuzione commerciale o più completa realtà produttiva, richiede faticoso apprendimento del come si lavora qui ed accettare usi e modi di pensare diversi rispetto alla gestione manageriale italiana.
Qui una start-up può avere pochi dipendenti e fatturato limitato per due o tre anni, ma poi bisogna “scalare”, ovvero crescere di un ordine di grandezza, da 10 a 200 dipendenti per intenderci. Se da 10 passi a 20, i clienti prima si spazientiscono e poi ti mollano, non si fa. Per l’imprenditore italiano l’idea di indebitarsi con finanziatori e mollare parte del controllo aziendale, è spesso visto come la sabbia negli occhi, e quest’idea di scalare è marziana.
Altra fondamentale differenza: in America devi convincere dell’essere bravo a fare una sola cosa, due è già troppo, di più fa ridere. Ogni volta che un italiano pronuncia la parola “flessibilità”, l’americano sente “casino”: un dialogo tra sordi. Spesso ricevo presentazioni di aziende italiane che farebbero ridere i liceali: raccontano la storia dell’azienda, le capacità eroiche dell’imprenditore, la sofisticazione incredibile delle molteplici soluzioni. Sembrano fatte per dire: guarda quanto son bravo, e solo in calce accennano in termini grossolani al piano di investimenti, ai concorrenti, al valore specifico che da l’azienda.
Ultimo fattore di shock per i piccoli imprenditori italiani, gli stipendi. Il brillante neo-laureato che in Italia fai trottare tra un apprendistato ed un blocchetto di buoni pasto, qui gli devi dare $100mila di stipendio. Ed ecco le domande sbagliate: come importo il mio ragazzo italiano, che lo pago una miseria? Ah, non si può? Ma non posso prendere un messicano? Come, dovrei pagare per un Powerpoint? Ma lo faccio io dopo cena, facile.
Tu gli dici che se paghi noccioline prendi solo scimmie, e già sai che la fatica sarà immane. Chi è abituato da anni a gestire un azienda in Italia tirando la cinghia e grattando il barile, per lavorare in America deve re-imparare dai fondamentali e concentrarsi sull’execution, sul fare una cosa meglio di tutti. Flessibilità e nozze coi fichi secchi non funzionano.
Con altri italiani in America da anni aiutiamo istituzioni, università, imprenditori, start-up e piccole aziende che vogliono crescere in questo mercato ricco e dinamico. La nostra porta è aperta, chi bussa deve pensare che può esistere un altro modo di fare le cose, non migliore o peggiore, semplicemente diverso. Un modo che e’ tutto da imparare per farcela. E’ vero che in America gli investitori scommettono cifre dieci volte più alte che in Italia: l’importate è imparare a trattare con loro.
Raccomando questo articolo e se pensate a fare impresa in America scrivete a info@42nventure.com