Quelli che vanno e quelli che restano

Quando iniziai a esporre in un’importante galleria d'arte milanese, ormai vent'anni orsono, mi resi conto che ero entrata a fare parte di una "scuderia" e che vigeva in quel mondo una regola derivata da una metafora calcistica: il dovere essere artisti "di serie A". Chi stabiliva chi lo fosse è un enigma per me ancora insoluto.

Il mocio e la collezione Thyssen

L’altra settimana i milanesi avevano appena iniziato a mettere il naso fuori di casa quando, ancora intimiditi per il fatto di poter passeggiare, hanno avuto un altro segnale decisivo dalla Natura.

Lo schivo Morandi

Amo il caffè e precisamente il caffè della moka di cui ho tre differenti misure a seconda del momento della giornata. La tanto amata tazzina al bar, favoritissima dagli italiani, l’apprezzo solo in compagnia: come fosse una sorta di calumè della pace espresso, che serve per iniziare una conversazione spinosa di lavoro, in generale con il mio gallerista.

La prima volta a New York

La prima volta che vidi New York avevo più o meno vent’anni, un amico era lì in viaggio studio e così io colsi l’occasione. Avevo un preciso obbiettivo: vedere le opere della Scuola di New York, ovvero gli artisti della Action Painting ( anni '50)  di cui avevo studiato durante l’anno e che mi avevano tanto colpito sui libri.