... frequentare gli spazi espositivi e a incontrarsi. La cosa un po’ straordinaria è che l’assenza di mostre fisiche per lungo tempo e l'uso costante di Instagram ha permesso al pubblico uno sguardo inedito sulla vita degli artisti, sui loro studi, sui loro metodi di lavoro: una sorta di voyeurismo diffuso si è concentrato sulla persona dell’artista, sul suo processo artistico e non sul risultato, come accade o come dovrebbe accadere di solito.
La cosa che mi ha lasciato basita è la scoperta che alcuni pittori usano i guanti in lattice per lavorare: non dipingono a mano libera. E’ come tenere l’archetto del violino con i guanti di plastica . Ma perché, mi sono chiesta? Come si fa a tenere la presa, così leggera e sensibile del pennello, con i guanti ? Forse per via di un’allergia? O a qualcuno disturba sporcarsi? O forse è solo un vezzo. Fatto sta che a me sembra un po’ disumano. Le nostre mani, i nostri polpastrelli, la pelle, sono dei finissimi recettori del tatto e ogni variazione della presa o del tocco di fatto può cambiare la pittura. Ho provato qualche volta nella prima fase del lockdown a tenere su i guanti per fare la spesa… è stato terribile, non sentivo nulla, sudavo, avevo una perdita di contatto con le cose, con il mondo.
E’ chiaro che alcune professionisti sono costretti a utilizzarli per una questione di ambiente sterile, ma chi fa il mio mestiere e li usa mi sorprende. Quando entri in studio sai che ti sporcherai con la pittura, ti sporcherai i vestiti e le mani e anche la faccia, ma questo è nell’ordine delle cose. Mi viene in mente Henri Matisse che diceva sul suo essere pittore “Il mio scopo è rendere la mia emozione. Questo stato d’animo è creato dagli oggetti che mi stanno intorno e dalle loro reazioni su di me: dall’orizzonte fino a me stesso, compreso me stesso”. Mettendo un condom alla presa diretta col mondo che tipo di arte si può produrre?