L’idea base del surrealismo, che compare nel celebre manifesto di André Breton e compagni, è di capire l’origine del pensiero e della creatività, andando al di là di ogni forma classica di visione e rappresentazione. Da qui il nome: surrealismo, che è un oltre, un più al fondo, un eccesso di realtà. Da qui la passione per la sperimentazione in ogni campo: poesia, letteratura, politica, arte, morale, medicina. Da qui anche la passione per il sogno e la psicanalisi, per la rivoluzione permanente e Trostskij, per ogni novità tecnica e ogni eccesso. Inutile dire che tutto questo avvolge e coinvolge i grandi artisti dell’epoca – da De Chirico ad Apollinaire, da Picasso a Dalì, da Magritte a Pollock – per poi scomunicarli, allontanarli, demonizzarli. Insomma, dal surrealismo passano in tanti e poi ne escono o vengono espulsi, affascinati e pure impossibilitati a rimanerci. Come accadrà per i movimenti politici della seconda metà del Novecento, la ricerca di più autenticità tende a finire in violenza interna ed esterna, fino ad esaurirsi per stanchezza.
Eppure, c’è un punto filosofico che occorre trattenere e che ci riguarda tutti. Nella grande mostra francese è ben espresso da una frase di Magritte, scritta sotto il quadro in cui un treno esce fumante da un caminetto casalingo su cui si trova un orologio. Magritte dice che gli si era aperto un nuovo principio artistico quando, per caso, risvegliandosi e ancora assopito, aveva scambiato un uccello che dormiva in una gabbia per un uovo. Si era così aperto il mondo del contraddittorio che si rileva comunque significativo e artistico. Il treno che esce dal camino sotto un orologio è contraddittorio e assurdo ma mi fa sentire il fuggire del tempo, forse più del mito di Crono, di una lezione di fisica e della filosofia di Bergson. “Sentire” non è ancora “capire”, ma è un inizio del capire.
Ecco, il surrealismo ci invita a pensare nella contraddizione e a usare la contraddizione come forma di pensiero dell’origine della creatività. Sembra un procedimento strano e invece lo usiamo spesso. Il famoso brainstorming, cioè il pensare insieme “sparando” idee senza freni e senza calcolo delle conseguenze, non è un tentativo di far uscire la creatività dalla contraddizione? Il lasciare emergere sogni, sentimenti profondi, incubi non è forse gran parte di ogni procedimento psicologico, da quello analitico fino alle poche discussioni vere fra amici? Il bisogno di “staccare” con movimenti fisici o con uscite insolite da lavori intellettuali non è fare qualcosa che non c’entra nulla, qualcosa di contraddittorio, per ravvivare il pensiero? Non ci sono forse tanti casi della vita in cui “presentiamo” qualcosa di importante o di vero senza capirlo ancora?
Un grande matematico e filosofo francese morto nel 1999, Gilles Châtelet, diceva che uno dei compiti che attendevano il pensiero del XXI secolo doveva essere quello di pensare questa origine ancora oscura del pensiero, questa soglia che non può essere ridotta all’inconscio psichico soggettivo, questo “irrazionale che non è necessariamente cattivo, ma rappresenta solo quello che non è ancora articolato”. Così, i surrealisti ci riguardano: come capire logicamente la creatività e il presentimento, lo stupore e l’inquietudine? Come sistematizzare tutte quelle forme di pensiero oscure, contraddittorie e vaghe, che però riempiono le nostre vite? Come farle emergere, visto che non ce ne possiamo impadronire?
Se queste domande vi appassionano o in qualche modo vi incuriosiscono, siete anche voi un po’ surrealisti.