Musica in parole


Strumenti musicali in marmo

È la Galleria Estense di Modena ad esporre le opere d’arte dei Duchi d’Este, collezione che comprende strumenti musicali tra cui spiccano alcuni esemplari intarsiati in marmo di Carrara. Si tratta di meraviglie sonore dovute alla passione per il collezionismo del Duca Francesco II d’Este (1660-1694), interessato a tutte le arti e a quella musicale in particolare.

Alla sua corte non mancavano concerti e attività relative alla musica; il Duca era attratto dagli strumenti musicali, specie se insoliti, e amava le rarità dell’artigianato di pregio. Curiosa e bizzarra fu definita questa sua spasmodica attenzione alla “meraviglia”, sempre alla ricerca del pezzo unico e prezioso.

Nacque così il nucleo degli strumenti musicali in marmo che arricchì la sua collezione di opere d’arte.

Nel 1686 Francesco II ebbe in dono dai Cybo di Massa una chitarra in marmo costruita da Michele Grandi. Entusiasta dello strumento - in marmo bianco con fregi floreali e vegetali, e geometrici disegni - il Duca rilanciò con la commissione di un cembalo in marmo. Grandi realizzò un capolavoro, una sperimentazione che portò come risultato un vero cembalo, ricavato da un unico blocco di marmo e finemente adornato da motivi ornamentali.

Di un altro autore, G. Battista Cassarini maestro scultore in Carrara, è il violino in marmo bianco che negli stessi anni impreziosì ulteriormente la collezione di Casa d’Este, così come i quattro flauti che risultano dagli inventari.

Di alcuni di questi strumenti non rimangono che notizie mentre è risaputo che il cembalo fosse a Modena ancora nel 1872, dopo di che se ne persero le tracce fino alla sua riscoperta nel 2001 sul mercato antiquario.

Lo strumento, che porta la firma dell’autore - ‘Michel Antonius de Grandis carrariensis fecit et inventor fuit’ - fu restaurato, riportato a casa ed è ora visibile nella Galleria modenese a testimonianza del raffinato gusto di Francesco II.

Strumenti in marmo capaci di stupire ancora oggi e come detto dalla professoressa Patrizia Radicchi, atti a dimostrare “il gusto della sperimentazione più ardita nell’ambito della manifattura artistico-musicale, in grado di sfidare la materia nell’obiettivo di estrarne inedite capacità vibratorie e per appagare, tramite il raffinato gusto decorativo, il canone della meraviglia barocca”.

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