Pensieri e pensatori in libertà


L’inno al realismo di G.K. Chesterton

Un giovane ricercatore italiano, Giovanni Molfetta, ha avuto la bella idea di raccogliere alcuni degli scritti giornalistici di G.K. Chesterton e di metterli insieme in un testo allegro, divertente e pensoso che tutti i lettori di Zafferano.news dovrebbero leggere.

Tra gli autori contemporanei che conosco, Chesterton è di certo il più zafferaniano, e questo libro (Giovani idee. La felicità di pensare, uscito dall’editore Ares) è il più zafferaniano dei suoi testi. Il sottotitolo sulla felicità del pensare è significativo: occorre usare la testa, pensare, per essere felici. Infatti, si usa la testa, occorre essere apòti – non bersi tutto ciò che viene propinato – per il merito morale di “aver pensato con la propria testa” (una frase tanto assurda quanto impossibile, direbbe Chesterton: si sarebbe sempre dei trogloditi), ma per il gusto ragionevole di vivere appieno. Si pensa per conoscere e non per pensare, diceva S. Agostino. Ed è qui che entra in scena il realismo divertito di Chesterton.

Commentando i fatti del suo tempo, i costumi e i cambiamenti di costume, le frasi di politici e giornalisti Chesterton mostra l’uso, divertito e divertente, di una ragione realista. I pezzi sono di ogni tipo ma il tipo di ragionamento è sempre lo stesso: usare la testa per guardare che cosa accade davvero. Così lo scrittore osserva che il barbaro uso che allora cominciava di mettere la musica nei ristoranti è così assurdo nel suo mischiare due piaceri diversi che non si dà il contrario: non cuciniamo succulenti arrosti a teatro. Ci fa vedere come siamo riusciti a esportare in Asia i nostri lugubri gusti di vestiti, mentre qualsiasi mendicante indiano veste con colori e fogge che sono oggettivamente più belli e che, al contrario, abbiamo importato idee lugubri e non siamo riusciti a esportare ideali bellissimi, forse perché in realtà non li conosciamo nemmeno noi. Che il mito del progresso continuo nasconde molti problemi come dimostra la fiducia insensata di un progressista francese del Settecento che considerava come inevitabile progresso futuro l’espandersi della monarchia che, invece, finirà di lì a poco sulla ghigliottina. O che i nostri modi di dire corrono il rischio di svuotare le parole come quando proclamiamo sui giornali “la crociata” per un ponte o una strada, senza sapere di che cosa stiamo parlando.

Divertente vedere come ragioniamo male. Ma Chesterton fa vedere che ragioniamo male perché non osserviamo la realtà nella sostanza, facendo prevalere preconcetti e schemi. Così, commentando uno scrittore inglese che propone un buddismo rivisitato all’occidentale, ci fa vedere come la riscrittura in termini di scetticismo british faccia perdere quanto c’è di più umano nel buddismo, cioè il desiderio di vivere per sempre, che è insito nell’idea della reincarnazione. Oppure, commentando il romanzo Peter Pan, osserva che sia il desiderio di rimanere bambini, puri e idealisti rinunciando al mondo, sia quello di rinunciare all’eternità di fanciullo per amore di Wendy sono entrambi umani mentre il compromesso sentimentale finale del vedere Wendy una volta all’anno, mentre lei invecchia e Peter rimane giovane, sia sciocco e irrealista perché perde allo stesso tempo la felicità del bambino e il gusto dell’adulto.

Realisti dunque. Ma spesso i realisti diventano cinici insopportabili, finendo con il negare la ragionevolezza che li muove. Alle volte si scambia per “realismo” il ragionamento statistico su ciò che è più probabile che accada o persino la negazione di ogni speranza di gusto della vita, presente e futura. Non Chesterton, che sa che il vero realista non nega nulla, neanche la possibilità più piccola, neanche la speranza più grande. Che sa che il pessimismo è una “perversione morale” che è paradossalmente “in rivolta contro l’universo, almeno contro l’universo materiale”. E sa dunque che per essere realisti occorre una grande battaglia, che spesso è una “guerra tra filosofie, uno scontro tra concezioni dell’uomo” eppure che non c’è racconto più “meravigliosamente romantico” né altra battaglia da sostenere.


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In questo numero hanno scritto:

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Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
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Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro