... Bakunin, della conversione di Bulgakov e delle T-shirt pop di Fiorucci anni ’70. Le ragioni di questo successo clamoroso si trovano nel mistero del corpo sinuoso e dello sguardo preoccupato, nella discesa nel mondo rappresentato dalle tende di una casa popolare, negli sguardi umani e adorabilmente annoiati dei due angioletti alla balaustra. È la Madonna, e la donna, che è stata più raffigurata, ripetuta, ristampata del mondo, che solo in Italia, forse, non ha avuto la stessa influenza, e che forse ne ha un po’ perso negli ultimi decenni anche a livello mondiale.
Per questo è importante la mostra che fino a ottobre si svolge a Piacenza nella Chiesa di S. Sisto, il suo luogo originale, dove rimase dal 1513 fino al 1754, non con gli stessi esiti estatici degli artisti di Dresda, ma di certo con altrettanti esiti devozionali del popolo di Piacenza. La mostra sfrutta le tecnologie attuali, soprattutto video, per farci rivivere il mistero della produzione e della vendita del capolavoro, ma nel frattempo ci porta nei meandri del complesso di S. Sisto, tra affreschi cinquecenteschi, stucchi flamboyant e scaloni ellittici. Lei non c’è – se non nel film “You” di Nicola Abbatangelo, alla quale viene dedicata una parte della mostra, e in un’infinità di riproduzioni, a cominciare da quella gigantesca di uno dei chiostri – ma l’insieme la fa desiderare.
Importante nello stesso senso anche il Convegno che si è svolto all’Università Cattolica di Milano, organizzato dalle slaviste Anna Bonola e Maurizia Calusio, dedicato alla Madonna Sistina in Dostoevskij e Grossman e partecipato da alcuni dei migliori studiosi italiani di slavistica. Si è discusso molto se Dostoevskij avesse una considerazione estetica o devozionale di questa Madonna, se Grossman la pensasse come la madre trascendente e incarnata o quella immanente e simbolica, ma in fondo poco importa. Ciò che importa davvero è che la Madonna Sistina sia tornata anche in Italia.