Tra i molti interventi interessanti è spiccato quello di Hans Joas, uno degli eredi della scuola di Francoforte, quella famosa della critica ai poteri dei mass media.
Joas è cattolico, bavarese, insegna a Berlino e all’Università di Chicago, una delle poche università originali tra quelle statunitensi famose. Per spiegare l’incontro tra la tradizione americana e quella tedesca, Joas ha parlato di Alex Niebuhr, teologo della metà del secolo scorso, oscurato dalla fama del fratello, Reihnold Niebuhr, predicatore statunitense decisivo per la storia culturale del Paese.
L’originalità dell’intervento di Joas, oltre al recuperare un autore perduto, è consistita nel dire e far capire che i temi teologici del Niebuhr minore - storia della cristianità, rivelazione e responsabilità sociale dell’io - sono importanti per la filosofia e per lo sviluppo dei suoi ragionamenti iper-razionali. Come da tradizione pragmatista americana, la religione e i suoi ragionamenti fanno parte della dinamica razionale dell’uomo e sono interessanti sia dal punto di vista sociologico sia da quello logico. Così Joas si unisce in fondo a Joseph Ratzinger e a tanti altri che hanno lamentato come una perdita l’assenza di studi teologici in tante università del mondo. Certo, nelle università italiane gli stessi temi sono coperti dal combinato disposto di filosofia della religione, sociologia della religione, storia della filosofia medievale. Tuttavia, la domanda rimane: la teologia non è uno dei grandi temi dell’umanità, uno di quelli in cui gli esseri umani hanno esercitato la propria ragione?