IL Cameo


Una globalizzazione in salsa agrodolce cinese

Una globalizzazione in salsa agrodolce cinese

Da tempo scrivo le stesse cose sulla Cina e sulla globalizzazione selvaggia (il termine chiave è “selvaggia”). E’ stato un regalo (idiota) al nostro nemico politico-economico-culturale che fa il pari con l’altro nostro nemico, il terrorismo islamico.

Entrambi dichiarano di volerci o dominare o eliminare. Non possiamo far finta di nulla. In questo numero Pietro Gentile, da par suo, ci parla del “Rating sociale cinese”: lo definirei più nazi che fascistoide.

Ricordiamolo, la Cina ha partecipato alla “globalizzazione selvaggia” alle sue condizioni, politiche, commerciali, industriali, tutte proibite dal Wto (gestione in autonomia delle loro monete, controllo sui flussi internazionali di capitali, etc.). Adesso i “competenti” nostrani si accorgono di essere stati gabbati (e noi con loro): i cinesi hanno sì strappato alla povertà centinaia di milioni di loro concittadini, però impoverendo, con la nostra complicità, altrettanti cittadini occidentali, al netto dei quattro gatti delle multinazionali e delle élite professionali, diventati, nel frattempo, fantazzionamente ricchi.
E’ la tesi dell’economista Dani Rodrik, anche se suggerisce di perdonare i fautori nostrani della globalizzazione selvaggia: “forse erano in buona fede”, dice. Poi ci racconta, con dovizia di dottrina, che già a cavallo di fine Ottocento era avvenuto un caso simile, eppure “i nostri” non hanno colto l’insegnamento della Storia. Possiamo concludere con lui che le nostre élite erano e sono “incompetenti, ma in buona fede”?
Alla fine Rodrik ammette la verità: 1. Se il capitale è molto più mobile del lavoro, il lavoro è sballottato di qua e di là, quindi esposto a ogni tipo di shock; 2. Se il capitale diventa mobile è molto più difficile tassarlo. Ergo i Governi sono costretti a finanziarsi tassando classe media e povera, consumi e lavoro (sic!). E conclude che la globalizzazione è un processo reversibile. Ci avevano sempre raccontato della sua irreversibilità. Gente strana i “competenti”.

Le conclusioni? Un mondo capovolto. I “perdenti” della globalizzazione selvaggia, pur essendo dei poveracci, diventano così “evasori fiscali” nella vita sociale, “populisti” nella vita politica, “incompetenti” nella gestione del governo, “impresentabili” nei salotti e sui media. L’accusa di “incompetenza” agli avversari viene dalle élite, a loro volta, certificate come “incompetenti” visti i risultati consuntivati dopo trent’anni di potere assoluto. Trovo questo modo di ragionare il massimo della disonestà e della volgarità intellettuale. Costoro, produttori seriali di fake truth, sono indegni, prima di tutto culturalmente, di rimanere o aspirare al potere. Dovremmo essere proprio noi delle élite perbene a liberarci, con delicatezza, di questi colleghi, ormai “incompetenti certificati”.

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In questo numero hanno scritto:

Filippo Baggiani (Torino): commerciale settore moda, scrittore allo stato quantico
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Angelo Codevilla (California): professor emeritus, viticoltore, tifoso di Tex Willer
Osvaldo Danzi (Firenze): specialista risorse umane, ideatore della community FiordiRisorse
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale
Marinella Doriguzzi Bozzo (Torino): da manager di multinazionali allo scrivere per igiene mentale
Giuseppe Failla (Siracusa): executive MBA, appassionato di football americano
Pietro Gentile (Torino): bancario, papà, giornalista, informatico
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Anna, Matteo, Sirio (Roccasparvera - Cuneo): fornai amici