L'America


Nelle Università i nodi stanno venendo al pettine

Il magico mondo delle università americane sta finendo. Tre quarti dei liceali diventano matricole in qualche “College.” Troppi. Solo il 7% studiano scienze, matematica, ingegneria. Il resto lavora pochissimo.

Vari studi hanno confermato che, dopo quattro anni di università, ne sanno quanto prima, o addirittura meno. Se  la godono in “campus” che sembrano alberghi di lusso. Fanno lo “Spring Break”: sesso, alcool, droga. Se un professore prova a bocciarli, il sistema lo travolge. I prezzi continuano a salire alla pari con gli aumenti dei prestiti liberamente concessi dal governo federale (che poi tanti alunni e genitori non ripagano). Il management delle università spende questi quattrini assumendo sempre più “administrative staff”, spesso ci sono più staff che professori. Questi scelgono, adducono, persino costringono gli studenti a fare scelte di presunta correttezza politica che stanno scandalizzando il Paese. I media rigurgitano di storiacce di studenti e di professori che si accusano a vicenda di improprietà sessuali o di fascismo. Insomma, i cittadini non ne possono più. Proprio in questi giorni, il presidente Donald Trump ha emesso un’ “executive order” secondo il quale nessun dollaro federale sarà più stanziato a qualsiasi università che restringe, ostacola, o punisce la libera espressione del pensiero. 

Ora è scoppiato un caso che minaccia dalle fondamenta il sistema universitario dell’ultimo mezzo secolo. Una dozzina di personaggi di Hollywood sono stati arrestati dall’FBI per aver partecipato a una losca “trama” per fare accettare i loro figli nelle più quotate università americane. Si parte da medici corrotti che certificano come questi abbiano bisogno di dare l’esame nazionale in circostanze protette, poi si “compra” il personaggio dell’università che pratica l’esame, si sostituisce il giovane che lo merita con un asino, e infine il cerchio si chiude con la corruzione degli amministratori dell’università. In altri casi, si corrompe direttamente l’allenatore di uno degli sport basici dell’ università’ per certificare che l’asino è un “grande atleta”, determinante per il successo sportivo dell’università.

Nulla di rivoluzionario, bieca corruzione. Ma la rivoluzione è nel contesto.

Negli ultimi mesi, un gruppo di studenti di origine asiatica ha fatto diverse cause ad Harvard, per discriminazione razziale, dimostrando che la percentuale dei loro studenti ammessi è ferma al 18%, malgrado la percentuale degli asiatici che supera la media nell’esame nazionale di ammissione a Harvard continui a salire. In specie, un’esito all’esame che dà ad un asiatico il 25% possibilità di essere ammesso, dà il 95% ad un nero americano. Tutte cose che tutti già sapevano, non soltanto riferite ad Harvard ma anche a tutte le altre università. Milioni di giovani ed i loro genitori fanno carte false per ottenere posti nelle università più quotate, lo fanno sapendo che il sistema è completamente corrotto.

A questo punto, si impone un chiarimento definitivo. Il sistema di preferenze razziali in vigore negli ultimi 47 anni non è a favore né di neri qualsiasi né a danno di bianchi o asiatici qualsiasi. No, lo è ab initio, cioè amministratori corrotti, specie delle università di punta, hanno il potere di distribuire il privilegio della partecipazione universitaria a membri della classe dominante, cioè a persone come loro. La concorrenza per entrare in queste università non è più concorrenza intellettuale basata sul merito. No, è basata sul più bieco conformismo al volere delle élite.

La reazione dei media al cosiddetto scandalo di Hollywood è che si dovrebbe eliminare qualsiasi preferenza per “atleti” o “figli di ex alunni”. Non basta, ormai i cittadini hanno capito che il problema fondamentale è alla radice, le università “non insegnano, ma distribuiscono scontrini sociali”, dal momento che le ammissioni dipendono da decisioni soggettive. In altre parole, il sistema universitario americano è marcio e non può continuare così.

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