LA Pausa pranzo


La mafia e l’antimafia

Questa settimana la routine della pausa pranzo è stata turbata da una brutta notizia: il suicidio di Rocco Greco.
Repubblica titola “Mafia, Rocco Greco denuncia i boss, lo Stato lo punisce: suicida l'imprenditore antiracket”.

Non condivido il titolo, lo Stato non punisce, ma è colpevolmente immobile. È questo il sentimento diffuso che si ha lavorando in Sicilia a stretto contatto con gli imprenditori.

Un tempo ribellarsi e denunciare non era scontato. Oggi la mafia fa ancora paura, ma il cambiamento culturale è ormai radicato nelle menti di chi fa impresa. 

Il focus è adesso sull’efficacia delle norme, stratificate negli anni, e sulla loro reale applicazione da parte della burocrazia dello Stato.

Il suicidio di Rocco Greco, è frutto del silenzio e dell’incomprensione. È il grido di un uomo, che come altri che conosco, non capisce perché un’articolazione dello Stato possa giovarsi del suo aiuto, ed un’altra non riesca ad approfondire le circostanze.

Ancora una volta è l’execution ciò che importa.  Per evitare che i cittadini perdano la fiducia nelle Istituzioni serve che queste ultime dimostrino capacità di comprendere le circostanze e la rapidità d’azione.

Un esempio di scarsa rapidità di azione: in Commissione Legislativa alla Camera giace, dal 2015, una proposta normativa che consentirebbe alle vittime della mafia e dell’usura che abbiano subito più attentati nel corso di un quinquennio, di poter dilazionare il proprio debito verso lo Stato in un tempo congruo a far sì che l’attività d’impresa stessa riprenda. Si badi che il debito in questione non è frutto dell’evasione fiscale del solito furbo, ma è accumulato in forza di legge. Chi contribuisce all’arresto degli estorsori, in attesa che siano rimborsati dallo Stato i danni subiti, beneficia di una sospensione dei pagamenti di tasse e contributi. 

L’adozione del provvedimento in questione comporterebbe diversi vantaggi: lo Stato incasserebbe le tasse, l’azienda proseguirebbe la sua attività e i lavoratori non perderebbero il proprio sostentamento. 

In tempi di ripetuti condoni fiscali, di pace tra il contribuente, anche se evasore, e lo Stato, chi potrebbe negare l’approvazione di questa legge? L’iter legislativo invece è fermo benché atteso dalle aziende e dalle articolazioni dello Stato stesse (Agenzia delle Entrate, enti previdenziali) che in assenza di diverse disposizioni nulla possono fare, se non pignorare tutto il pignorabile e costringere le aziende a chiudere. A questo immobilismo si aggiunga la beffa che per effetto della normativa vigente, molte di queste aziende non possono accedere alle diverse formule di condono. Come vi sentireste se dopo aver contribuito in maniera decisiva all’arresto di pericolosi criminali, lo Stato, per la sua inefficienza vi costringesse a perdere tutto quello che avete realizzato con il vostro lavoro mentre ad altri, semplicemente più fortunati ma di certo non più meritevoli è consentito di poter regolarizzare la propria posizione? 

Ciò che rileva, parlando con coloro che si trovano in attesa di questo provvedimento, è che vi è lo stesso senso d’ingiustizia e solitudine che credo abbia provato Rocco Greco.
Un tempo si piangevano solo i morti di mafia, quanti altri morti dell’antimafia dovremo piangere?

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