Pensieri e pensatori in libertà


Fake news a Parigi. Niente di nuovo sul fronte occidentale

A inizio giugno alla mitica École Normale Supérieure di Rue d’Ulm, Parigi (la madre della Normale pisana) si è tenuto un grande convegno su fake news, post-verità e altre amenità.

Organizzatore il prof. Mathias Girel, astro nascente della filosofia francese, superesperto di epistemologia e agnotologia, la scienza che studia l’ignoranza e i modi di creazione dell’ignoranza. Molti gli invitati, tra cui tanti storici, giornalisti, alte cariche delle commissioni europee dedicati al problema, e ovviamente filosofi.

Quando si va a questi incontri bisogna sempre chiedersi che cosa si porta a casa, che cosa si è guadagnato, a parte – in questo caso – l’eterna bellezza di Parigi, la permanente affezione per l’École e il giro in bateau-mouche. Dal convegno parigino le notizie sono più cattive che buone.

Innanzi tutto, sono pessime per quanto riguarda i giornalisti. Nel loro incontro, capiredattori di importanti radio e televisioni ci hanno detto che il giornalismo (francese?) non ha mai avuto pecche, che non c’è nessuna autocritica da fare e che, su mia domanda, non è vero che sono stati i giornalisti dei mezzi di comunicazione classici a insegnare a tutti come mentire. Eppure, da chi avremmo imparato a tagliare la foto o l’inquadratura, enfatizzare pericoli, procurare allarme, dare giudizi sommari, infilarci in eterne contrapposizioni impuntandosi nelle opinioni come se vivessimo sempre in un talk show? Ma no, zero autocritica. Queste tecniche sono saltate fuori dal nulla con la Brexit e l’elezione di Trump. Senza ammettere questo primo dato ovvio delle responsabilità storiche della comunicazione di massa, sarà difficile uscire davvero dalle fake news. 

Notizie abbastanza cattive anche dagli esperti europei. La strategia europea combinata è: più controllo, più educazione al pensiero critico, cioè al dubbio sistematico su ciò che si trova in rete, contrasto di stato (anzi, d’Europa) ai big della comunicazione attraverso la creazione di un browser europeo (il Google de noantri). Perché sono notizie “abbastanza cattive”? Innanzi tutto, perché non vedono che il controllo è stato e sempre sarà fallimentare. Non si riesce quasi mai a stabilire il confine tra fatto e opinione (“il tal politico è un incapace” è un fatto o un’opinione?) e, se ci fosse il mezzo per riuscirvi, si rischierebbe una censura politico-sociale molto forte da parte dei proprietari dei social network. Per quanto riguarda l’educazione, ciò che normalmente s’intende per pensiero critico è un dubbio sistematico sulle notizie da chiunque esse vengano. Ma il problema è che le fake news affondano le proprie radici proprio nella cultura del dubbio che ci è stata insegnata. Combatterle con una dose maggiore di dubbio è come pensare di fare una dieta aumentando grassi e zuccheri. C’era una gag di Fiorello in cui un medico proponeva la dieta alla rovescia, per “sfiancare il metabolismo”. Siamo nella stessa situazione, che sarebbe comica se non fosse tragicamente vera e cieca. Inutile dire qualcosa sul browser europeo: perché noi europei dovremmo essere più buoni e veraci degli americani?

Rimangono i filosofi, ma ne parleremo nel prossimo numero di Zafferano.news.

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale
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Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro