Infatti, pur essendo scritto da un accademico che cita una corposa bibliografia è un libro che resta a metà tra il grido esistenziale, l’impegno politico e l’analisi filosofica. Non ci sono note e non ci sono lunghe disquisizioni su libri altrui, per assicurarsi dalle mille insidie accademiche. Costa scrive ciò che pensa sulla nostra situazione politica, mettendo a frutto le sue infinite letture ma senza occultare una passione e un fine esplicitamente politici.
Strano, dunque, come libro accademico. Eppure utile per capire che cosa sta accadendo. In pochissime parole: il populismo è frutto dell’incapacità delle élite di comprendere il mondo della vita, cioè l’esperienza quotidiana dove la moltitudine vive. La parte più cruenta e dolorosa di tale incapacità è il blocco del cosiddetto ascensore sociale. Le élite non sono più in grado di capire e di aprirsi. Il cittadino rimane così privo di una dimensione politica e diventa un mero consumatore di politica (22) o un tifoso (76). In questo senso il populismo è il modo in cui la moltitudine cerca di reagire costituendosi popolo in una maniera nuova, che però è priva di contenuto preciso e dunque, necessariamente, principalmente distruttiva.
Non starò a dirvi che Costa analizza con precisione e secondo la sua teoria delle élite tanti fenomeni, dalla moda delle primarie alla storia del PD, dall’europeismo ai nuovi diritti. Chi lo leggerà incontrerà un’interessante chiave di lettura che collega tanti fenomeni degli ultimi anni, secondo il filo conduttore di un’élite incapace che non vuole mettere in discussione la propria leadership e il proprio potere economico-sociale. In questo senso tanti personaggi che sembrano appartenere a mondi opposti, come Silvio Berlusconi o Matteo Renzi, emergono come populisti tanto quanto Matteo Salvini, Donald Trump e Luigi Di Maio, per poi rovesciarsi in difensori delle élite contro i nuovi populisti. È il ritmo di una storia che non riesce a capire di non aver capito che cosa succede nel mondo autentico della vita e quindi, secondo gli studi fenomenologici di cui Costa è esperto, non riesce a fondare la democrazia in un principio intersoggettivo autentico.
Fa parte dell’interesse anche l’unico dubbio che viene da questa lettura: dove va a finire la libertà delle persone? Certo, Costa ricorre tante volte alla libertà delle persone associate in corpi intermedi, vera fonte e garanzia di democrazia autentica. Tuttavia, rimangono sempre un po’ schiacciati i contributi delle singole personalità, che la teoria delle élite tende a dismettere secondo un retaggio marxista che Costa ovviamente ben conosce ed esplicita (105). Non ci sono persone in grado di cambiare la storia? Non esistono contromovimenti individuali? Non si può sottrarsi al gruppo elitario o populista dove si è catalogati? Data l’originalità e l’acutezza dell’analisi, spero che il prof. Costa accetterà l’invito a rispondere sulle colonne di Zafferano.news in uno dei prossimi numeri.