Musica in parole


Al suono delle campane, tra lutto, sogno e speranza

Abbiamo riscoperto le campane: hanno suonato a distesa quelle in San Pietro durante la recente benedizione Urbi et Orbi del Papa e abbiamo ascoltato il loro suono mescolarsi a quello delle sirene delle ambulanze.

Ancora prima si erano fatte sentire in tutta Italia “dai loro balconi”: un segnale per chiamare tutti a un momento di comunione nonostante le chiese chiuse, come hanno detto l’arcivescovo di Torino e quello di Milano.

Non pensiamo mai, alle campane: ne sentiamo il suono, talvolta lo subiamo, senza ricordarci più che oltre all’uso religioso esse hanno  accompagnato l’uomo anche nella sua vita sociale. Era lo scampanìo che un tempo segnalava i  pericoli e fino a che l’orologio non comparve nelle case fu quel suono familiare a regolare i  ritmi delle giornate. In molte culture si credeva potessero scacciare gli spiriti maligni.  Quando a metà del 1300 la peste nera invase l’Europa, in Inghilterra pare si reagisse anche facendo suonare le campane per propagare influssi positivi e allontanare l’epidemia. 

Queste compagne di vita hanno sottolineato i tempi di pace e di guerra: «E noi suoneremo le nostre campane!» è la famosa frase con cui il fiorentino Pier Capponi le contrappose alle trombe di Carlo VIII di Francia, preposte a dare il segnale di assalto a Firenze (1494). Alla fine della Grande Guerra, quando scoppiò la pandemia “spagnola”, in Italia si evitò di farle suonare a lutto per onorare i morti, pur di non deprimere ancora di più la popolazione già molto provata.

Sempre loro hanno suonato a festa alla fine dei conflitti e in moltissime sono state sacrificate perché fuse e trasformate in armi.  Le campane hanno spesso un nome proprio e alcune sono famosissime, come il Big Ben, campana maggiore della Torre dell’orologio di Westminster ed Emmanuel, la campana più antica di Nôtre Dame che aspettiamo di risentire, come già scrissi qui su Zafferano.

Non dimentichiamo che con le campane si fa musica; in Italia abbiamo un’ars campanaria di tradizione e con questi strumenti musicali si realizzano concerti, raduni e festival a cura dei suonatori di campane. Già, i campanari: adesso che stiamo a casa potremmo rivedere con i bambini Il gobbo di Nôtre Dame, cantare il canone Fra Martino - è possibile in quasi tutte le lingue del mondo -  e ascoltarlo nel terzo tempo della Sinfonia n. 1 di Gustav Mahler: è una marcia funebre che inizia col cupo rintocco dei timpani e prosegue con la famosa filastrocca; lo spensierato suona le campane/din don dan risuona qui con timbri spettrali eppur suadenti. Un bellissimo momento di musica in cui si fondono lutto, sogno e speranza.

https://youtu.be/kEPERXpOqiU

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): Artista e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro