Musica in parole


I Pianeti di Holst

Colonne sonore come quella di “Guerre stellari” sono il rimando più immediato a Gustav Holst, compositore che ha fortemente influenzato parecchia musica da film e di cui nel 2024 si celebrano i 150 anni dalla nascita (21 settembre 1874) e i 90 dalla morte, nel 1934. Il compositore deve la sua grande popolarità alla suite “The Planets”, dal successo straordinario già alla prima esecuzione del 1918.

Holst si interessava di astronomia, teosofia e astrologia cui si avvicinò su input di un amico. Maturò così nella sua mente l’idea di un’opera composta da brani dedicati ognuno a un pianeta e spiegava: “questi pezzi sono stati suggeriti dal significato astrologico dei pianeti. Non è musica a programma e non c’è alcuna connessione con gli dei della mitologia classica”.

Ne nacque la Suite per grande orchestra op. 32 (composta tra il 1914 e il 1916) che si apre con “Marte, il portatore di guerra”, scritto nei mesi precedenti lo scoppio della prima Guerra Mondiale: è un Dio arrabbiato e battagliero quello che risuona a inizio opera e che all’intero lavoro dà il carattere.

Marte, considerato “il più feroce pezzo di musica di tutti i tempi” senza dubbio evoca un’epocale scena di battaglia ed è tra i Pianeti di Holst il più noto ma anche il più imitato. Si può dire che molte colonne sonore (soprattutto di film di fantascienza) siano state ispirate e guidate dalle sonorità e dai ritmi - martellanti, implacabili e dissonanti - di questo brano. John Williams ne ha fatto buon uso per il film “Lo squalo” e Hans Zimmer per “Il gladiatore”.

Tutt’altra atmosfera musicale per “Venere, la portatrice di pace”, adagiata sulle morbide sonorità di flauti e arpe e su un bellissimo tema al violino.

Via via ognuno dei Pianeti snocciola caratteristiche musicali interessanti compreso l’ultimo, il mistico Nettuno per il quale Holst scrive un pianissimo orchestrale che più piano non si può e introduce nel finale un coro femminile senza parole e fuori scena, quasi una eco. Più che finire, l’autore fa sparire l’opera in una dissolvenza che è già silenzio.

Sette movimenti per sette pianeti - Mars, Venus, Mercury, Jupiter, Saturn, Uranus, Neptune - e ogni ascoltatore può eleggere il suo preferito. Holst non nascose mai la sua predilezione per Saturno, elegante brano che scandisce con un ticchettio sempre più lento lo scorrere della vita verso la sua fine.

Tra le esecuzioni famose quella lasciata da Karajan alla guida dei Berliner; trovate qui il vivace e a tratti grottesco “Urano, il mago”.

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