Tecnosofia


Non nasciamo come tabulae rasae

A lungo si è ritenuto che il nostro cervello alla nascita fosse una tabula rasa. Aristotele paragonò l’intelletto in potenza a una γραμματεῖον (la tavoletta spalmata di cera sulla quale scriveva), immagine poi ripresa dal filosofo John Locke che associò la mente neonatale a un foglio di carta bianca ove l'esperienza e l'ambiente scriveranno.

Ebbene, non è affatto così!

Il nostro codice genetico conferisce al cervello delle conoscenze innate, frutto dell’evoluzione della nostra specie. Una branca degli scienziati, gli innativisti, sostengono anzi che una gran parte delle cose che diventiamo sono già scritte in nuce nel nostro DNA. Giorgio Vallortigara sostiene che alla nascita sappiamo sostanzialmente già camminare, ma questa potenzialità viene espressa solo quando la struttura muscolare dei nostri arti inferiori si sviluppa.

I neonati della nostra specie non sono però i cuccioli più adatti per studiare i saperi innati. Il feto comincia ad acquisire informazioni e a costruire modelli del mondo già nel ventre materno. Ad esempio, fin dalla nascita il bambino preferisce ascoltare la sua lingua madre rispetto a quelle straniere, il che implica che una parte dell’apprendimento abbia avuto corso durante la gestazione.

La creatura meno influenzata dalla gestazione è il pulcino che, uscito dal guscio, affronta il mondo con quello che ha di innato senza mai averne avuto esperienza, neanche indiretta.

E cosa fanno i pulcini?

Sono creature aristoteliche che immediatamente individuano una madre (imprinting) e la seguono. Individuano quella madre anche perché ha un volto con due fori in alto (occhi) e uno in basso (becco). Se si presenta loro un “volto” con una diversa configurazione di cavità non lo ritengono interessante. Si è anche dimostrato che i pulcini sono spontaneamente attratti dalle punte per ricevere cibo e che in questo una matita multicolore appuntita ha efficacia come e quanto il becco della madre. Questi e altri comportamenti innati sono chiaramente frutto di un’evoluzione che ha portato chi ne è dotato ad attaccarsi alla madre per poi esserne accudito, protetto e nutrito. È fondamentale per la sopravvivenza della specie.

Altri esempi? I neonati assumono che gli oggetti siano pieni e non cavi, che le loro traiettorie di movimento siano continue e non a scatti. Assumono che se celo un oggetto con un foglio e poi tolgo il foglio l’oggetto sia ancora lì. Il tutto fino a prova contraria.

Il cervello del neonato insomma, lungi dall’essere una tabula rasa, contiene praticamente già tutti i circuiti del cervello adulto e qualche sapere innato o appreso nell’utero materno, come ci dicono sofisticati metodi di imaging basati sulla risonanza magnetica. Fin dalla nascita poi l’udito attiva le aree cerebrali uditive, la vista quelle visive, il tatto quelle tattili, senza che ci sia bisogno di impararlo. Queste autostrade del cervello si formano nel terzo trimestre della gravidanza e sono il viatico migliore per quello che sarà il processo di apprendimento di cui parleremo la prossima settimana.

A presto, dunque.


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