ILTeatro


L’umanamente imperfetta conversione di Cnemone

Della produzione di Menandro (342/341 a.C.-290? a.C.), commediografo ateniese di età ellenistica, il Dyskolos è l’unico testo teatrale giuntoci per intero. Messo in scena alle Lenee del 316, il Dyskolos possiede le caratteristiche proprie della Commedia Nuova, terza stagione della tradizione comica greca: alla dimensione politica (ovvero relativa alla polis) della commedia aristofanea succede l’atmosfera privata dell’oikos, della casa.

I personaggi e le loro dinamiche di interazione trovano giustificazione nell’ordinario, nel quotidiano, oltre il mito, oltre gli scenari bellici e di vita civile. La trama segue i moduli narrativi che, cristallizzati, saranno ereditati dalla commedia latina e dal romanzo greco di età imperiale: due giovani, un amore contrastato, un’unione da celebrare.

Il titolo della commedia, Dyskolos, traducibile e tradotto con Misantropo, fornisce una prima inquadratura del protagonista della vicenda, il vecchio Cnemone, agricoltore, dedito al lavoro e alla vita solitaria. Attorno alla figura del misantropo ruotano le fila della vicenda e si costruiscono i rapporti tra i personaggi.

Sostrato, giovane di città, desidera sposare la figlia di Cnemone, abituata dal padre alla solitudine e alla fuga dalla socialità. Alleato dell’amoroso nella conquista della fanciulla (del padre della stessa, anzi, ostile alle nozze) è Gorgia, figliastro del protagonista. Dopo una serie di peripezie incrociate, l’atto quarto segna il momento di svolta: Cnemone cade in un pozzo e sarà proprio quella solidarietà da lui ripudiata a permettergli la salvezza.

Il monologo di Cnemone dell’atto quarto è, dunque, il turning point necessario all’evoluzione della vicenda. Aiutato dal figliastro Gorgia a risalire in superficie, Cnemone prende consapevolezza dell’importanza delle interazioni umane e sembra smussare le spigolosità del proprio carattere. Cnemone pare, dunque, evolversi. Occorre, tuttavia, prestare molta attenzione alla qualità della conversione di Cnemone. È vero che, al termine della commedia, Sostrato, grazie alla trasformazione del protagonista, ne ottiene in sposa la figlia, ma è pur vero che Cnemone non si assume nessun ruolo nelle nozze della fanciulla, la quale, invece, è lasciata sotto la custodia del fratellastro Gorgia. Lo stesso dicasi a proposito della partecipazione di Cnemone al banchetto finale. Se Cnemone abbandona la propria chiusura esistenziale per presenziare alla cerimonia, prendere parte all’occasione conviviale non è frutto di una scelta deliberata, bensì di una costrizione alla quale Cnemone cede per esasperazione. Cnemone, in altri termini, solo superficialmente si converte a quella filantropia che è cifra caratteristica del portato etico della commedia menandrea. In un mondo, quello del teatro di Menandro, in cui la solidarietà e la philìa diventano i pilastri attorno ai quali costruire le interazioni interpersonali, nonché le armi con le quali affrontare i rivolgimenti della sorte, il Dyskolos pare dipingere il chiaroscuro. Se per Menandro non esistono personaggi monolitici, non esiste netta scissione tra “i buoni” e i “cattivi”, esiste, invece, il contaminato, quell’imperfetto che è perfettamente umano.


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