“Cominciamo male, si chiama Virus Cinese, è nato in Cina come da sempre tutti i virus, e sappiamo perché. E sappiamo che questi burocrati nazicomunisti lo hanno nascosto per un mese, impestando così il mondo, e ora cercano di spacciarlo per “germanico” o per “padano” o per “americano”. Invece, come uomo di fede, considero il virus un piccolo segnale di Dio verso l’ottusità degli umani. Noi occidentali non facciamo mai il giusto, o facciamo troppo o troppo poco. So di parlare come un oracolo laico, in effetti lo sono, ma so pure che i miei sessant’anni di vita valgono come migliaia di altre vite, comuni come la sua. Il detto leonardesco 'la sapienza è figliola della sperienza' si attanaglia a me come una tuta da sub.
Mi chiede come vivo il coronavirus? Essendo un leader globale, non globalizzato come quei fighetti di Silicon Valley e di Wall Street, lo vivo male, molto male, per come noi élite lo stiamo gestendo. Il nostro modello (che proprio lei ha battezzato CEO capitalism) è come Sigfrido: 'Quando dalle ferite del drago scorreva il sangue ardente/e in esso si bagnava il prode cavaliere/gli cadde fra le spalle una larga foglia di tiglio./Là può essere ferito; per questo mi cruccio'.
La 'foglia di tiglio nibelunga' è la nostra incapacità di gestire, non dico una rivoluzione popolare, ma anche una semplice ribellione. Quindi, affrettiamoci a rinunciare alla globalizzazione selvaggia, permettiamo qualche nazionalizzazione, rinunciamo all’idiota austerità germanica, licenziamo le due sprovvedute di Bruxelles e di Francoforte, liberiamoci degli accademici che ci reggono il sacco, piuttosto di perdere tutto, applichiamo la strategia disperata dell'helicopter money. Questo è il momento di salvare la ghirba, altro che le seghe mentali della società aperta del mio amico George.
Per oggi basta! Mi sono stufato! Parlare con lei mi stanca”.