Coronavirus UE


Not a job for hot dogs

Quando il COVID-19 sarà diventato magari 20 per diminuire fino a sperabilmente scemare, rimarranno sicuramente gli anziani trapassati senza cure o per mancanza di un possibile intervento di salvataggio.

Se è vero, pensate all’irritazione (understatement) di quelli a cui hanno detto che a Milano Niguarda non intubano chi ha più di 60 anni con buona pace della possibile la polmonite doppia e interstiziale (Dio, che nomi!).

Il retaggio, la legacy delle ingiustizie sociali e morali di questa crisi avrà valore di autentico contagio a livello europeo passando per le istituzioni e la politica. Il 20% della popolazione dell’Unione (ancora a 28 stati) è più anziana di 65 anni e in costante aumento: malcontati fa 100 milioni e spiccioli. La proiezione, prima della falcidia che potrebbe arrivare ora, portava il numero a oltre il 30% nel 2080, che comprende un 12% ultraottantenni. Non è una sorpresa, le dinamiche sono note da anni.

Il conto quindi per chi a Bruxelles non ha fin qui fatto abbastanza per proteggere al massimo questi segmenti si farà salatissimo: avere trascurato un elettore su tre diventerà, per la sua trasversalità, una profonda trasformazione politica dell’emiciclo europeo. Dopo avere fronteggiato il virus, mi dicono in due affermati think-tanker brussellesi, UVDL (acronimo in voga per la presidente della Commissione in carica fino al 2024) dovrà “deliverare” su un coordinamento sostanziale dei servizi sociali e sanitari dell’Unione, mettere un forte accento su una prevenzione continentale dei malanni, sostenere il più possibile un invecchiamento “sano”.

Il tutto accompagnato da un rinforzo della raccolta, gestione, distribuzione e scambio di dati essenziali sfruttando le più avanzate tecnologie. Approfondiremo. La “sconfitta della povertà” mi ha fatto onestamente sorridere. La sconfitta della “vecchiaia mala” mi appare infinitamente più complicata. Come dicono i colletti blu che tirano cavi da alta tensione negli elettrodotti nordamericani, “Not a job for hot dogs”.

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Eugenia e Massimo Massarini (Torino): studentessa di medicina e medico
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Roberto Zangrandi (Bruxelles): lobbista