Tutti sono in corsa verso un altrove e in fuga dalle proprie paure: dei fulmini, dei serpenti, dei banditi, degli indiani e, soprattutto, delle donne che, pagate nei saloon o intraviste da lontano, rappresentano un mondo enigmatico rispetto a quello maschile. Tale da generare un confuso moto del cuore che appanna sia la ragione sia le abilità, permettendo di conferire un significato sentimentale ad un territorio che sembra contenere solo se stesso. A fronte di destini cui una semplice distrazione può costare la vita.
La guerra di secessione è terminata da una quindicina d’anni e due famosi ranger hanno talmente ripulito la frontiera tra il Texas e il Messico da rassegnarsi al ritiro, il nemico annientato, il divertimento finito. Campano malamente a Lonesome Dove, un postaccio inadatto anche alla vendita di qualche cavallo. L’uno bon vivant che sa di latino e ha il vizio della speculazione ad alta voce, l’altro taciturno, solitario e doverista sino al masochismo. Finché non vengono raggiunti da un fatuo ex compagno che getta un’altra volta il seme dell’azione, magnificando i pascoli ancora intatti del Montana. Si forma così una temeraria spedizione di uomini, bovini ed equini rubati che si snoderà tra cieli testardi e fiumi astiosi, speranze giovanili e maturità disilluse, lungo ogni possibile difficoltà naturale ed umana. Come in una sorta di Carte du tendre della sfida, in cui i passaggi sono già segnati e quasi tutti si conoscono direttamente o per sentito dire, essendo l’origine dell’avventura un luogo mentale, sempre in bilico tra la libertà e la coazione a ripetere.
Gli ingredienti classici sono onnipresenti, ma decostruiti e rimontati con una tale perizia da mantenersi reali e nel contempo metaforicamente allusivi, seducendo chi crede di partecipare seduto su un comodo divano di due secoli dopo. Si imparano trucchi e mestieri, si accostano personaggi particolarissimi e universali, si gustano dialoghi di spiazzante originalità, si sfoglia un manuale di psicologia applicata, ci si scotta gela e bagna, mentre i perimetri dell’andare fanno invidia al National Geographic, continuando a moltiplicarsi secondo modalità affini a quel capolavoro melvilliano che è Butcher’s Crossing di John Williams. Ma, visto che l’autore è anche un famoso sceneggiatore, e da Lonesome Dove sono stati tratti film e serie televisive, non si pensi ad una scrittura cinematografica concepita per un copione già rodato.
Lonesome Dove è invece una possente epopea che sembra rammentare una frase proustiana (“Tutte le decisioni definitive sono prese in uno stato d’animo che non è destinato a durare”) e travalica anche la tradizione americana grazie alla negazione di ogni superomismo: i protagonisti e i comprimari sono spesso fragili, talvolta sciocchi o patetici, consistendo la loro vera grandezza nel comprendere e accettare i risultati della fallibilità, mentre la parola risolutiva spetta sempre e solo alla sorte. Quasi mai secondo giustizia. Intanto il racconto continua a svolgersi e a riavvolgersi in forma di un interminabile nastro dai colori ora vividissimi ora abbrunati, ipercinetico e lento, nostalgico ed esilarante, drammatico, profondo e inesausto come in tutti i libri che non ci abbandonano più.
Lonesome Dove di Larry McMurtry, Einaudi 2017, 937 pagine, 25 euro