IL Digitale


Facebook è alla ricerca di robot telepatici

L’Università della California di San Francisco (UCSF) ha pubblicato uno studio stupendo sulla possibilità di leggere il pensiero e tradurlo in comunicazione verbale o scritta su computer o smartphone.

Avevo già descritto esempi di cyborg, dove le tecnologie digitali consentono di recuperare o migliorare la performance di una persona. Da impianti medicali che consentono di recuperare sensi come vista ed udito, a protesi per riprendere o migliorare la deambulazione, gli esempi sono tanti. Ma da quello alla telepatia, ce ne passa.

Considerando i nostri 85-100 miliardi di neuroni, non possiamo pensare di avere un numero equivalente di filetti che vadano dal nostro cervello ad un computer, quindi finora i tentativi di connettersi in modo fisico al nostro cervello non avevano portato frutti. Da anni con la risonanza magnetica (MRI) sappiamo riconoscere le aree del cervello che ci fanno suonare, parlare, mentire, calcolare, ma ovviamente è impraticabile usare l’MRI al di di fuori di un ospedale, ed in ogni caso non siamo mai riusciti ad interpretare il linguaggio a partire dal pensiero. In questa ricerca s’è iniziato dall’elettroencefalogramma, con oltre 250 sonde sul cervello dei partecipanti, cui è stato chiesto di leggere ad alta voce una serie di frasi contenenti un numero limitato di parole. La lettura è partita da una trentina di frasi a quasi 500, e questo ha consentito al motore di intelligenza artificiale di decodificare le onde cerebrali in testo dal senso compiuto.

Il risultato è importante: utilizzando un numero minimo di vocaboli (250) per tutte queste frasi, AI ha imparato a riconoscere la formazione della frase nel suo contesto, e quindi interpretarla correttamente, con un errore del 3%. Ogni 100 frasi, AI ne ha azzeccate 97. Dispiace che questa ricerca dei dipartimenti di Neuroscience e Chirurgia Neurologica di UCSF sia stata pagata da Facebook, che da tre anni lavora allo sviluppo di un interfaccia computer – cervello, e che tanto tiene a leggere il pensiero del consumatore con la felpa piu’ che quello del paziente incapace di comunicare.

L’obiettivo di Zucki è creare un wearable, magari un cappello o uno scialle, che consenta di comunicare col pensiero quanto si sta immaginando, traducendolo o in testo o in voce. Un traguardo non prossimo nel tempo ma fattibile. Lo aspetto con ansia visto che dopo 25 anni di matrimonio la mia capacità telepatica è minima: l’idea di avere un cappello che mi consente di leggere cosa pensa mia moglie...forse meglio di no.

Comunque se pensiamo a chi ha perso l’uso della parola o della scrittura a causa di ictus o altre patologie, questa innovazione tecnologica vale il rischio di avere uno Zucki sempre più invadente sui nostri acquisti. Per chi ha visto Stephen Hawking e la difficoltà nel comunicare il proprio pensiero nel corso degli anni, l’idea di poter stabilire una connessione telepatica è entusiasmante. 

Per chi volesse veramente approfondire: https://www.nature.com/articles/s41593-020-0608-8

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