Musica in parole


Prova d’orchestra

Qualche settimana fa sulla rubrica "Il Digitale" di Zafferano si è palesato un robot direttore d’orchestra; ne ha scritto Roberto Dolci chiedendosi e chiedendomi se fosse immaginabile un robot in quel ruolo.

Esperimenti ne sono stati fatti, performance pubbliche comprese, come già accennato su queste pagine; non so però se il futuro porterà più concretamente e stabilmente a questa opzione. So invece come si svolge il lavoro di un’orchestra e provo in sintesi a descrivere cosa deve aspettarsi un direttore robot.
Un concerto entra nella fase di realizzazione quando ai professori d’orchestra vengono distribuite le parti. Ognuno le può studiare singolarmente, a seguire il direttore avvia le prove, prima a sezioni (violini primi, secondi, violoncelli, fiati e così via) e poi leggendo tutti la partitura, pagina per pagina. Intanto chi dirige dà la sua linea interpretativa agli strumentisti: l’orchestra cioè ė chiamata ad esprimere la visione artistica del direttore che a sua volta interpreta il compositore. Non per niente gli ascoltatori appassionati fanno spesso il confronto tra le interpretazioni dei grandi nomi sia del passato che di oggi.

Le orchestre ogni volta prima di un concerto provano e "reinterpretano" con il direttore anche i brani che hanno in repertorio e che conoscono a memoria. Qualche anno fa il Primo Fagotto dei Berliner Philharmoniker, il torinese Daniele Damiano, di passaggio al Conservatorio di Torino mi salutò raccontandomi che rientrava a Berlino per le prove di una sinfonia di Beethoven: un mio giovane allievo che assisteva alla chiacchierata intervenne un po’ stupito che “anche i Berliner” continuassero a studiare e provare persino le sinfonie che conoscono meglio di chiunque altro. «Certamente, non vorrei proprio si credesse il contrario», fu la risposta del Maestro che con l’occasione rimarcò l’attenzione continua di ogni singolo strumentista d’orchestra ai dettagli e alla sintonia con chi sta sul podio.

I direttori sanno infatti che spesso li aspetta l’incontro con musicisti di eccellenza che dal primo approccio capiscono chi si trovano a “condurli” e ne valutano il calibro. Questione di sintonia, appunto; la stessa necessaria tra direttore e solista quando il programma prevede un brano per strumento e orchestra. Memorabile il concerto della New York Philharmonic Orchestra (1962) in cui Leonard Bernstein prima di dirigere Glenn Gould nel Concerto n. 1 di Brahms si rivolse al pubblico dicendo che avrebbe diretto un’interpretazione che non condivideva e chiedendosi ad alta voce «in un concerto chi comanda, il direttore d'orchestra o il solista?»

https://youtu.be/peFMHJa57H8

Per non fare i conti con tutto questo il “direttore non umano” ha solo un’opzione: dirigere un’orchestra di suoi simili. Nel frattempo, oltre allo studiare partiture e gestualità, il robot che vuol farsi direttore potrebbe analizzare le dinamiche raccontate da Fellini in Prova d’orchestra, dissacrante ma acuto film del 1979.

© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Roberto Zangrandi (Bruxelles): lobbista