IL Digitale


Zucki a Canossa

Nel rigido inverno del 1077 l’imperatore Enrico IV attese tre notti al freddo, alle porte del castello di Canossa, prima di essere ricevuto e perdonato dal Papa Gregorio VII. 948 anni dopo l’imperatore dei social media, che controlla miliardi di persone tra Facebook, Instagram, Whatsapp, Messenger ed Oculus, si umilia di fronte al mondo allo stesso modo: anche Zucki va a Canossa.

Vederlo con quello sguardo fanciullesco, sentirlo mentre spiega che i fact-checker vengono eliminati, che le politiche DEI sono finite, e che Biden l’ha costretto a censurare persone normali e scienziati famose, ci dà speranza nel futuro. Che cancel e woke culture siano finalmente al tramonto? Vuoi mai che finiamo di inseguire falsi problemi per concentrarci su quelli veri?

L’esempio di Zucki è stato prontamente seguito dagli altri re del digitale: da Bezos di Amazon, a Cook di Apple ad Altman di OpenAI, è tutta un’inversione a U, donazioni per l’inaugurazione di Trump, salamelecchi e tappetini rossi in nome della libertà d’espressione. Ed anche in quelle aziende fine del woke, del DEI, della censura: liberi tutti. Ma davvero, o è tutta una farsa?

La prova del nove l’avremo a giorni: cosa farà la Corte Suprema con TikTok? Trump è l’unico politico che la vuole tenere aperta, senza i vincoli richiesti dal Deep State e lobby di Washington. Fino a ieri era in minoranza, ma sta per diventare Presidente un’altra volta, il vento gira. Ho raccontato più volte come su TikTok si possano vedere in diretta i fatti di cronaca senza filtri, e molti filmati siano visibili solo su questa piattaforma, in misura minore su X e per niente nei regni digitali di Zucki. Forse la sua conversione riaprirà ad un’informazione più pluralista? Proprio negli ultimi giorni i reel su Facebook sono più eterogenei di prima, è evidente che la cabina di regia ha cambiato registro.

Furono Obama, Clinton e corte al seguito a picchiare Zucki nel 2016, diffondendo quella narrativa di influenze russe sulla prima elezione di Trump, ed imponendo i fact-checker. La censura peggiorò nell’era Covid, quando l’amministrazione Biden vietò anche la pubblicazione di meme e scherzi sul virus. Oggi sappiamo che le accuse di influenze russe erano false, mentre era vero lo scandalo di Hunter Biden, come erano e sono vere alcune delle considerazioni negative sui lockdown.

Ora che Zucki ha messo John Elkann nel board di Meta, vediamo che anche all’Economist cambiano idea sulla libertà d’espressione sui social media, pensa la coincidenza. Gli amici londinesi adesso ci spiegano che le regole per decidere cosa si pubblica e cosa si vieta devono essere trasparenti ed accessibili a tutti. Oggi si svegliano e ci spiegano che l’unico vincolo è evitare il contenuto illegale, ma tutte le opinioni e idee devono poter essere pubblicate liberamente. Lo fanno solo ora, dopo che il novello imperatore digitale è passato alla nuova Canossa, la Casa Bianca.

Vi propongo un vago sospetto sulla motivazione del pentimento del gotha digitale. Zucki e compagnia hanno buon gioco a dire che il digitale è un’eccellenza americana, suffragati dagli investimenti giganteschi, ricerca ed innovazione tecnologica senza pari: è abbastanza vero. Lo stesso li porta a chiedere di essere protetti dalla burocrazia di Bruxelles e dai concorrenti cinesi, per difendere gli interessi nazionali, ovviamente. Questo gli consentirà di tarpare le ali al movimento open, ad escludere la concorrenza, ed imporre agli alleati di usare solo le loro soluzioni. E Trump sarà solo felice di farlo. Pensate ad un Europa dove tutto il digitale, non solo le comunicazioni satellitari, siano nelle sicure mani americane: dormirete tranquilli.

© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Silvia Andrea Russo (Cremona): passione per l'antichità, la letteratura, la recitazione, la musica, il canto e la scrittura
Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.