IL Digitale


Tecnologia e soddisfazione del nostro lavoro

La settimana scorsa, con una quindicina di altri esperti digitali, ho speso ore per risolvere un problema apparentemente semplice, ma alla fine non sapevamo più dove sbattere le zucche vuote. All’improvviso, senza che nessuno di noi avesse capito come, il problema è sparito e tutto è tornato a funzionare correttamente. Di questi episodi me ne capitano uno o due all’anno, e ti metti a ridere perché sembra magia: non c’è una spiegazione logica alla risoluzione, ma sei ovviamente soddisfatto del lavoro fatto, di aver risolto un problema.

Da piccolo, quando lavoravo in Pirelli in Inghilterra, ero sorpreso della fatica che volevano fare gli operai per alcuni sollevamenti e cambi attrezzature, quando avrebbero potuto usare dei macchinari dedicati per evitare sforzo e rischi alla schiena. Volevano essere loro a fare il mestiere, e negli anni a seguire ho visto come la nostra relazione con la macchina, il robot, ed oggi l’intelligenza artificiale, deve essere organizzata per esser contenti del lavoro che facciamo, in controllo.

Si vede anche nel mondo dell’elettronica di consumo: conosco poche persone che si son comprate dei robot da cucina sulla promessa che, buttando dentro gli ingredienti e schiacciando il pulsante, son felici che la macchina gli faccia la pappa. Ma ne conosco molte di più che proprio per quel motivo evitano l’acquisto: vogliono essere loro a preparare il piatto in autonomia, senza aiuti. Son quelli contenti di cucinare. Che lo stesso ragionamento valga anche per quelli contenti di lavorare?

Nei giorni seguenti il fiasco Crowdstrike, quando i dipendenti IT han dovuto rimettere a posto milioni di computer lavorando 12-16 ore al giorno, il sentimento generale è stato quello eroico di chi affronta una sfida immane e ne esce vincitore: tutti contenti. Eppure han passato una settimana stressantissima, fatta di nervosismo degli utenti e capi spazientiti, come fanno ad esser soddisfatti? Hanno prevalso sulla macchina, sono loro che hanno risolto il problema, loro che han cucinato il risotto: hanno controllato la situazione.

Ho già raccontato della professoressa di latino, contenta di come s’è organizzata per lavorare con ChatGPT, e le ho fatto questa domanda. È contenta perché è lei che ha capito come usare lo strumento per le sue comunicazioni, per le sue lezioni, ed è lei che decide ed ordina allo schiavetto elettronico cosa fare. Non percepisce nessun controllo della macchina su di lei, al contrario sente di avere la situazione sotto controllo.

Da questa rubrica predico sempre la necessità di pensare all’intelligenza artificiale ed agli altri strumenti digitali come qualcosa di complementare, mai di sostitutivo del lavoro umano. Per ognuno di noi vale la raccomandazione di giocare ed imparare questi attrezzi per decidere come meglio usarli, mentre per i capi il consiglio di pensare al controllo per capire come meglio adottare queste tecnologie. Speriamo in bene ed ora corriamo in spiaggia: buone vacanze lontani dallo smartphone, mi raccomando. 

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Silvia Andrea Russo (Cremona): passione per l'antichità, la letteratura, la recitazione, la musica, il canto e la scrittura