Semi-lockdown / 2


Dalla mia bottega non vedo Ludd

Oggi piove, dalla mia bottega vedo le finestre del bilocale al pianterreno della famiglia fragile del quale è stato ricoverato il padre. Febbre e crisi respiratoria. I quattro bar a tiro di schioppo sono vuoti, ma alle macchinette mangiasoldi c'è sempre qualcuno, al lotto c'è sempre da tenere la distanza, meno alle sigarette, quelle le prendo io...

... il mio vizio da povero insieme al caffè. I negozi di abbigliamento lungo la via principale aprono tardi ed accendono le luci che non hanno illuminato la notte, le agenzie immobiliari stranamente sembrano frequentate. Pure io lavoro poco, ma già da prima di questa febbre.

C'è chi lavora come prima, i giardinieri, chi fa le pulizie, chi questo e quello a 10 euro l'ora. A 10 euro l'ora, a scendere, si lavora. Un collega ha cambiato i freni al pizzaiolo in cambio di quattro pizze. Forse torneremo al baratto.

I cigni non sono tutti neri ed il mondo economico è diviso con l'accetta fra chi va bene e chi va male, in qualche modo si regge e trova un equilibrio. Questo almeno nelle crisi che ho visto nella mia breve vita, almeno quattro. Ma le ultime sono state ravvicinate e non abbiamo mai recuperato i livelli quella precedente, la spinta è sempre stata verso il basso.

Un sistema va in crisi quando non è progettato per il carico a cui viene sottoposto, vale per la meccanica, vale per tutto. E se è stato condannato ad essere efficiente in termini di costo di gestione tagliando e tagliando  sul personale, basta un virus intestinale per bloccarne il funzionamento.

Dalla mia bottega non vedo Ludd, figura mitologica della rivoluzione industriale che distruggeva i primi macchinari di filatura perché toglievano posti di lavoro, e nemmeno credo che si possa fermare un processo ineluttabile. Ma una classe dirigente deve programmare il recupero dei posti di lavoro e quella dignità che il lavoro deve dare. Lo vedo io, dalla mia bottega.

Si crede più ad una bella bugia che alla brutta verità; la mia verità, una delle tante: ci saranno focolai di disperazione sociale. Oggi bisogna dare il pane, ma bisogna pure programmare un futuro, il modello liberal-paternalista sta producendo il nulla.

Il mio è un appello col cuore stretto in una morsa, non sono economista né politico, so tirare martellate e scrivere qualche parola. Ma sono fra quelli che paga il prezzo amaro di questa crisi e che, a proposito di rivoluzioni, crede solo a quelle che non fanno rumore.

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In questo numero hanno scritto:

Giordano Alborghetti (Bergamo): curioso del software libero, musicofilo, amante del mare
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Diego Saccoman (Milano): meccanico di paese, 60 punti di sutura e mai vinto niente