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Quando i dottori litigano

La crescita rapida dei contagi in Europa ed America, l’incertezza sull’esito dell’ultima fase sperimentale dei vaccini, l’assicurazione che un ulteriore lockdown porterebbe alla fame decine di milioni di persone, portano ad un drammatico scontro tra due squadre di scienziati Covid-19. Vale la pena isolare nonni ed immunodepressi, e lasciare che gli altri...

... si ammalino e sviluppino immunità mentre continuano a lavorare, studiare e mandare avanti l’economia?

Nell’angolo di sinistra abbiamo la Great Barrington Declaration, che riunisce accademici americani ed inglesi per spingere i governi a non bloccare l’economia e lasciare che il virus faccia il suo corso. La loro logica è semplice: se si ammalano tutti, solo lo 0.1% dei giovani ed adulti sani ci lascia le penne, e tutto sommato l’1% per anziani e malati sembra tollerabile. Quando gli fai notare che il 5% va incontro a sindromi debilitanti croniche (Covid lungo) di cui si conosce ancora poco, e quella percentuale corrisponde a tutta la popolazione degli Stati Uniti, tentennano.

Nell’angolo di destra abbiamo lo John Snow Memorandum, che raccoglie firme da tutto il mondo (pure la mia) per dire ai governi di non cedere alle lusinghe di un immunità di gregge tutta da dimostrare. Anche qui la logica è semplice: il Covid è un nuovo coronavirus e per questi virus non son mai stati prodotti vaccini efficaci e nemmeno sviluppata immunità individuale. Tutti quelli che hanno avuto il raffreddore due volte nella vita ne sono testimoni. Quando gli fai notare che con questi numeri odierni il tracciamento è impossibile, che il Covid infetta anche partendo dai soggetti asintomatici, e che del vaccin non v’è certezza, tentennano.

Botte da orbi: i contendenti si tirano addosso questa o quella pubblicazione, i virologi prendono in giro gli entomologi, i medici scappano dagli ingegneri: è un poutpourri di neuroni impazziti e memorie poco solide, coi vip spesso spinti da interessi economici o politici nelle loro mosse.  
Semplifichiamo. Ipotizziamo che almeno uno tra i 142 vaccini in fase di test sia efficace, ovvero che eviti o mitighi l’insorgere della malattia, metti caso al 70%.  L’immunità si calcola come prodotto di efficacia per copertura, la percentuale della popolazione cui  riusciamo a distribuire il vaccino.  Lasciamo stare per un secondo che nei sondaggi più recenti il 46% degli intervistati si dica contrario a farsi vaccinare, e sorvoliamo sul paio d’anni richiesti per riuscire ad iniettare almeno due dosi in tutta la popolazione mondiale. Metti caso che arriviamo ad una copertura del 80% della popolazione (da leccarsi i baffi). Ecco quindi che l’immunità del Covid sarebbe 70% x 80% = 56%.

Fauci ci dice che per debellare il Covid abbiamo bisogno di un 75-80% di immunità: vedete che in questo caso ottimista, siamo ancora lontani dal traguardo. Gli altri sei coronavirus esistenti si dividono in quattro raffreddori, SARS e MERS: l’immunità dei primi dura qualche settimana, quella dei due gravi dura qualche anno. Se Covid si comporta come i suoi cugini, dobbiamo pensare di rivaccinare la popolazione ogni tot settimane o anni, un impresa ciclopica.

Non serve essere virologi o epidemiologi, ma logici, per capire che dobbiamo considerare un possibile futuro molto diverso dal recente passato. Un futuro dove si riesce sicuramente a diminuire la mortalità del virus, ma non ad ottenere l’immunità completa. Il va sans dire che l’economia non si può fermare così a lungo, che lacci e lacciuoli burocratici non possono esser peggiori della malattia. Serve consapevolezza e sale in zucca. E con questa nota d’ottimismo, buon weekend in maschera.

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Zafferano

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Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Diego Saccoman (Milano): meccanico di paese, 60 punti di sutura e mai vinto niente